L’editoriale del direttore: l’aggressività diffusa? Non si combatte con buonismo e debolezza

Riscoprire i benefici della forza (fisica e mentale) e sviluppare, di conseguenza, maggiore fiducia in sé stessi è un bene, per diversi motivi.
Cristiano Puglisi
Cristiano Puglisi

Ultimamente vanno di moda, anche in Brianza, i corsi di autodifesa basati sulle arti marziali e, in generale, sulle tecniche degli sport da combattimento. L’obiettivo, immagino pur non frequentandoli, è quello di aiutare persone comuni (che non hanno, cioè, particolari ambizioni agonistiche) a sviluppare uno “scudo” contro l’aggressività che dilaga in questa nostra società sempre più smarrita e malata e che trova sfogo in fenomeni aberranti come la violenza di genere, il bullismo e le baby gang. Devo dire che, personalmente, trovo tutto questo molto istruttivo. Sicuramente più di certa ingenua retorica “buonista” che fa della remissività confusa con la mitezza quasi una virtù. Falso e fuorviante.

Soprattutto perché le cronache ci parlano di un contesto di crisi sociale, valoriale ed educativa in cui le situazioni conflittuali e di pericolo paiono moltiplicarsi. Un contesto che, a modesto parere di chi scrive, è generato anche da quel “culto” del buonismo e della debolezza di cui sopra: come dice un proverbio, uomini deboli generano tempi difficili. Riscoprire invece i benefici della forza (fisica e mentale) e sviluppare, di conseguenza, maggiore fiducia in sé stessi è, anche a tale riguardo, un bene. Perché non serve solamente a difendersi quando necessario, ma pure a darsi una disciplina. Quella che oggi, purtroppo, manca a ogni livello.