No alla maternità sottocosto. Quella applicata dall’Inps a decine di hostess che si sono viste riconoscere importi decurtati mediamente del 30% rispetto al dovuto per il periodo di gravidanza e i primi mesi del loro bambino. Un principio che l’Anpav, l’Associazione nazionale professionale assistenti di volo e lo studio legale Martucci & Associati sono riusciti a far riconoscere anche al Tribunale di Monza, chiamato a pronunciarsi sulla causa intentata da una hostess di Alitalia che lavora a Linate, dopo che in altri 15 casi i giudici hanno dato torto all’Istituto di previdenza.
A Busto Arsizio, patria, come comprensorio, del Palazzo di Giustizia (cinque sentenze), Civitavecchia (6), Verona, Como, Bologna, Ferrara, infatti, i magistrati si sono pronunciati a favore delle mamme-hostess.
E questi potrebbero non essere gli unici verdetti favorevoli, visto che di cause di questo genere ce ne sono 100 un po’ in tutto il territorio nazionale. In tutto finora l’Inps dovrà sborsare 85mila euro.
Dal 2006. A Monza, ad esempio, secondo la sentenza depositata nei giorni scorsi, alla lavoratrice che aveva presentato ricorso sono stati riconosciuti oltre 12mila euro di differenza tra quanto corrisposto e quanto dovuto per i sedici mesi di maternità a cavallo tra il 2015 e il 2016, nove di gravidanza e sette per i primi mesi di vita del figlio.
Una cifra alla quale si aggiungono poi gli interessi legali. L’Inps dovrà pagare anche le spese. Tutto scaturisce da una circolare del 2006 dell’istituto di previdenza che ha cambiato il calcolo della maternità. Per le altre lavoratrici la maternità è calcolata sull’80% dello stipendio.
Le hostess però, spiega l’Anpav, hanno una retribuzione con una parte fissa e una variabile e quest’ultima viene calcolata mediamente solo al 50% facendo diminuire l’importo della maternità riconosciuta.
“Siamo intervenuti per un arretrato di dieci anni – dice Carlo Amati della segreteria nazionale Anpav – Dato l’ampio periodo interessato le adesioni sono crescenti e potremmo ripristinare canoni di giustizia in modalità retroattiva. L’Inps resta sulle sue posizioni nonostante le indicazioni dell’Unione europea e una sentenza di Cassazione. Noi auspichiamo che cambi orientamento”.
Cento cause. In realtà, nonostante l’offensiva lanciata con un centinaio di cause, questa posizione finora non è stata scalfita, mantenendo quello che la controparte definisce un “atteggiamento discriminatorio” nei confronti delle hostess.
Le condanne subite non hanno influito su questa interpretazione, anche se cominciano a diventare tante e pronunciate da giudici diversi, tali, quindi, da iniziare a costituire una tendenza univoca nella magistratura italiana.
Quello che viene chiesto, insomma, è una diversa considerazione dell’ultimo stipendio che fornisce la base sulla quale va calcolato quanto è dovuto nel periodo di maternità.