La fiducia abita qui. Perché il prossimo obiettivo è l’inaugurazione del negozio numero 250. E, magari, un’eventuale quotazione in Borsa. Traguardi che Carlo Zaccardi, 49 anni, amministratore delegato della BBB spa, la società che rappresenta i marchi di abbigliamento Boggi e Brian & Barry, indica in un momento da lui stesso giudicato «particolarmente favorevole per me e la mia famiglia». Anche perché la vicenda giudiziaria che lo aveva coinvolto è stata definitivamente archiviata.
Un motivo in più per concentrarsi sulla gestione della società di famiglia: «In effetti, si è di recente concluso in maniera assolutamente positiva, in Cassazione, il procedimento penale iniziato nel 2006 su ipotesi di reati commessi nell’esercizio della mia attività di amministratore delegato della BBB spa. Le indagini nei confronti miei e dei miei fratelli, tutti membri del consiglio di amministrazione , traggono origine da una denuncia fatta nei confronti di un promotore finanziario che aveva illecitamente sottratto i risparmi di una vita della nostra famiglia. Passare da accusatori ad accusati, non è certamente una cosa che faccia piacere, ma la fiducia che abbiamo sempre riposto nella giustizia è stata finalmente premiata. Dopo nove anni di procedimento, in Cassazione, è stata riconosciuta la nostra estraneità a qualsiasi fatto illecito e l’assoluta correttezza del nostro operato. Del resto con l’Agenzia delle Entrate, già nel 2010, avevamo sottoscritto l’accertamento con adesione con cui veniva riconosciuta la piena liceità delle nostre condotte amministrative».
Qual è la situazione del gruppo?
«C’è un fatto positivo avvenuto nei giorni scorsi: l’apertura del 150esimo punto vendita del nostro gruppo presso il Fidenza Outlet Village. Siamo ormai presenti in ben 27 nazioni e riteniamo di essere ancora a metà strada. Siamo presenti direttamente ad Hong Kong, Singapore, Macao e in Europa, mentre in 13 paesi prevalentemente nell’area medio orientale, operiamo attraverso dei partner. Solo nel 2010 avevamo inaugurato il nostro centesimo negozio, a Roma in via Cola di Rienzo. Mi sembra ieri quando, nel 2003, abbiamo acquisito il Gruppo Boggi che contava allora solo 22 punti vendita. Quando racconto la nostra storia personale che ci ha visto conquistare dapprima Milano, poi il resto dell’Italia ed ora gran parte del mondo, è con orgoglio che dichiaro di essere cittadino monzese e di aver tratto da questa bellissima città il coraggio imprenditoriale che ha sempre contraddistinto la nostra famiglia».
Quali sono i punti di forza del vostro gruppo?
«Sono tre gli elementi su cui si fonda il nostro successo: le location dei punti vendita posizionati negli aeroporti e nei centri storici delle principali città italiane e del mondo. Poi c’è un ottimo rapporto qualità/prezzo dei nostri prodotti. I nostri clienti sono persone che vogliono vestire con gusto senza spendere cifre esagerate. Infine, va sottolineata la professionalità dei nostri collaboratori, senza i quali non avremmo potuto raggiungere obiettivi così ambiziosi. Noi, d’altra parte, dedichiamo molti sforzi alla formazione. Formazione che i nostri collaboratori sostengono partecipando anche a stage nei negozi più importanti. Offriamo interessanti opportunità ai giovani disposti a lavorare all’estero. Dei 220 nostri collaboratori che lavorano all’estero, 80 sono italiani».
Quale sono le nazioni sulle quali punterete maggiormente?
«Il nostro futuro è in Cina, Giappone e negli Stati Uniti. Nel 2015 supereremo la fatidica soglia dei 100 milioni di euro di fatturato in Italia, mentre a livello di Gruppo supereremo i 170 milioni; in Italia possiamo contare su 500 dipendenti, mentre a livello di Gruppo il numero sale a oltre 700. In ogni caso, il 70% dei nostri prodotti viene realizzato in Italia. Tutto ciò che è classico, dalla giacca al pantalone all’abito, è prodotto in Italia. Abbiamo dei tessuti biellesi disegnati per noi in esclusiva».
Ma il quartier generale del gruppo resterà in via Borsa a Monza o sono previsti spostamenti?
«Non nascondo che abbiamo rifiutato proposte di partecipazione nel nostro gruppo avanzate da importanti gruppi internazionali. Piuttosto che aprire le nostre porte a gruppi stranieri, pur se prestigiosi, preferisco pensare ad una futura nostra quotazione in Borsa. Le radici restano a Monza. E per noi è proprio questa una grande gratificazione: un’idea nata in provincia è stata trasferita in giro per il mondo. La cultura del lavoro nata a Monza è ora presente in 27 nazioni».