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Monza, gli effetti del decreto dignità: crolla il lavoro in somministrazione

Brusca frenata delle domande di lavoro in somministrazione per la zona di Milano, Monza Brianza e Lodi. Emerge dall’Osservatorio di Assolombarda. Il presidente Carlo Bonomi: «Un brusco calo delle richieste che può essere spiegato sia con l’oggettiva difficoltà delle aziende a far rientrare le scelte delle organizzazioni nei nuovi limiti di legge e sia in una generale diffidenza dovuta alla mancanza di chiarezza delle norme»
Stati generali Assolombarda al Teatro alla Scala di Milano: ministro Giovanni Tria e Carlo Bonomi
Stati generali Assolombarda al Teatro alla Scala di Milano: ministro Giovanni Tria e Carlo Bonomi

Frena bruscamente (-37%) la domanda di lavoro in somministrazione nel terzo trimestre 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dopo una lunga fase di espansione che durava da fine 2016, il numero delle richieste a Milano, Monza e Brianza, Lodi torna ai livelli di quattro anni fa (secondo trimestre 2014).

È quanto emerge dall’ultima indagine dell’Osservatorio Assolombarda sul trimestre luglio-settembre 2018, realizzata in collaborazione con le Agenzie per il Lavoro sul territorio della Città Metropolitana di Milano e nelle province di Monza e Brianza e Lodi, che monitora con cadenza trimestrale la domanda di lavoratori in somministrazione da parte dalle imprese. Alla rilevazione partecipano 10 tra le principali Agenzie per il Lavoro: Adecco Italia, Etjca, Gi Group, In Job, Lavoropiù, Manpower, Men At Work, Quanta Italia, Synergie e Umana.

Sono i tecnici a registrare la maggiore variazione negativa (-63%), con riflessi di natura strutturale, considerato il consistente ridimensionamento della categoria sulla domanda totale (dal 21,5% al 14,6%). Si tratta della contrazione più significativa degli ultimi 5 anni: un dato particolarmente rilevante data la centralità di questa figura professionale, che ricoprendo un ruolo cardine nei processi produttivi viene considerata come “barometro” del quadro economico.

“Crediamo che il nuovo regime normativo introdotto dal Decreto Dignità finisca per snaturare la vocazione originaria del lavoro in somministrazione, caratterizzato da un proprio sistema di regole che ne garantiva la giusta flessibilità- ha sottolineato Carlo Bonomi, Presidente di Assolombarda –. È bene ricordare che stiamo parlando di lavoratori regolarmente assunti, ai quali si applicano tutte le norme legislative e contrattuali tipiche del lavoro subordinato nonché le relative tutele previdenziali. Oggi ci troviamo di fronte a un consistente ridimensionamento della domanda di lavoro in somministrazione: nel periodo luglio-settembre siamo tornati ai livelli di quattro anni fa. Un brusco calo delle richieste che può essere spiegato sia con l’oggettiva difficoltà delle aziende a far rientrare le scelte delle organizzazioni nei nuovi limiti di legge e sia in una generale diffidenza dovuta alla mancanza di chiarezza delle norme”.

Il calo, rivela l’indagine, è comunque generalizzato. Infatti, guardando il confronto con luglio-settembre del 2017 diminuisce anche la domanda di addetti al commercio (-37%), personale non qualificato (-24%) e impiegati esecutivi (-20%), mentre per operai specializzati (-10%) e conduttori impianti (-7%) la riduzione di richiesta è più contenuta.

Inoltre un’analoga rilevazione condotta dall’Associazione Industriale Bresciana (AIB), che evidenzia un calo della domanda di lavoro in somministrazione del -22% anche a Brescia, conferma che la frenata registrata nel terzo trimestre 2018 è diffusa a livello territoriale e che non si tratta di un fenomeno locale.

Le ragioni di questa inversione di tendenza possono essere ricondotte al “Decreto Dignità”, che di fatto ha cambiato il quadro normativo relativo alla somministrazione assimilandolo a quello sul contratto a termine, così come modificato dalla riforma e con particolare riferimento al tema delle causali.

Altri aspetti riguardano: i costi, il nuovo sistema normativo prevede un contributo addizionale per ogni rinnovo in somministrazione così come avviene per i contratti a termine. I limiti quantitativi: la riforma ha introdotto un tetto del 30% come massima percentuale di contratti a termine e in somministrazione (di cui il 20% è potenzialmente rappresentato dai contratti a termine). E infine le incertezze interpretative legate ad alcuni passaggi del decreto, che lasciano un certo margine di discrezionalità nel caso di contenzioso.