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Le pensioni delle vedove ridotte per le unioni civili?

Mentre il Governo smentisce il decurtamento, le nuove figure di “coniugi” amplierebbero il numero degli assicurati. L’erogazione potrebbe essere collegata all’Isee.
Dario Turco, direttore del patronato Inas Cisl Monza Brianza Lecco
Dario Turco, direttore del patronato Inas Cisl Monza Brianza Lecco Fabrizio Radaelli

Il Governo ha prontamente smentito: il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha parlato di una legge delega che si propone il «superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale». Ma c’è chi ribatte parlando di tagli e di intenzione di risparmiare sulle pensioni alle vedove. Alla faccia di presunte razionalizzazioni della spesa, spesso incapaci di incidere sui veri e clamorosi sprechi. Al centro delle polemiche di questi giorni ci sono intanto le pensioni di reversibilità, cioè quei trattamenti pensionistici destinati al coniuge superstite e, in alcuni casi specifici, ai figli. Di sicuro, per ora, non c’è niente di definito: di decreti attuativi non ce ne sono, nessuno ha parlato di percentuali.

Diventa inutile, quindi, chiedere informazioni su possibili «sforbiciate» a consulenti e patronati. Eventuali interventi sulla delicatissima questione, inoltre, non potranno interessare i trattamenti già in essere. Di certo, per il momento, c’è l’approvazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri di uno schema di disegno di legge riguardante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema dei servizi sociali. Questo schema di disegno di legge, approvato nella seduta del 28 gennaio 2016, in pratica riprende quanto già stabilito dalla Legge di stabilità. In particolare, il riordino potrebbe interessare le prestazioni collegate all’accertamento del reddito, come appunto la pensione ai superstiti. «Ma già adesso – sottolinea Dario Turco, direttore del patronato Inas Cisl Monza Brianza Lecco – sono in funzione dei meccanismi limitativi. La differenza, però, è costituita dal fatto che ora si vorrebbe legare l’erogazione della pensione di reversibilità non solo in base alle fasce di reddito, ma sulla base dell’indicatore della situazione socio economica, il cosiddetto isee». La pensione di reversibilità spetta sempre al coniuge superstite (nella misura del 60%) e ai figli minorenni, totalmente inabili o studenti (20%). La legge 335/1995 prevede comunque che le pensioni ai superstiti liquidate dal 1° settembre 1995 vengano decurtate in base ai redditi posseduti dal titolare. Nel 2015, per esempio, per un imponibile fiscale superiore a 19mila euro, l’abbattimento era del 25%. Se l’imponibile superava quota 26.124 euro, la decurtazione arriva al 40%. Ora, però, l’Esecutivo potrebbe anche essere preoccupato da un futuro aumento dei potenziali destinatari dei trattamenti di reversibilità e relativa impennate delle uscite.

«Se la legge sulle unioni civili dovesse essere approvata – aggiunge Turco -, è chiaro che il diritto alla reversibilità si estenderebbe a queste nuove figure di coniugi. C’è in effetti la possibilità che il Governo voglia correre ai ripari in vista di un ampliamento del numero di assicurati». Il sistema previdenziale italiano ha ormai abbandonato il sistema retributivo (basato cioè sugli stipendi percepiti negli ultimi 10 anni lavorativi) per adottare quello contributivo. L’assicurato percepisce un trattamento calcolato sui contributi effettivamente versati. «Ma se i contributi pensionistici sono intesi come un risparmio in chiave previdenziale – conclude Turco -, anche il trattamento di reversibilità dovrebbe uniformarsi alla stessa logica. In altre parole: se i coniugi hanno accantonato quel capitale, perché quella somma non deve ritornare al coniuge superstite?» .