Ora che l’accordo tra Italia e Svizzera sulla fine del segreto bancario è stato firmato, e un altro accordo in materia fiscale col Liechtenstein è a un passo (il 26 febbraio), i rispettivi parlamenti avranno sei mesi di tempo per ratificarlo. Ma il protollo firmato lunedì 23 febbraio a Milano consentirà immediatamente alle autorità di individuare potenziali cittadini italiani evasori oltreconfine.
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“È stato siglato l’accordo con la Svizzera sul segreto bancario: miliardi di euro che ritornano allo Stato #lavoltabuona #comepromesso”, ha twittato il presidente del consiglio Matteo Renzi appena dopo la firma e mettendo sul piatto le prime cifre. Del gettito atteso non c’è nessuna stima ufficiale. Le cifre che circolano tra gli addetti ai lavori vanno dai 5 miliardi dell’ultimo scudo Tremonti fino a 6-6,5 miliardi di euro.
Oggi siglato l'accordo con la Svizzera sul segreto bancario: miliardi di euro che ritornano allo Stato #lavoltabuona #comepromesso
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 23 Febbraio 2015
Ma cosa cambia? L’intesa tra Italia e Svizzera prevede prima di tutto l’addio al segreto bancario e il via allo scambio di informazioni. Secondo il ministro Padoan sarà uno stimolo al rientro dei capitali con la voluntary disclosure.
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L’intesa modifica il trattato bilaterale contro la doppia imposizione e consente lo scambio di informazioni finanziarie su richiesta dell’Agenzia delle entrate, anche per un singolo contribuente. Un’arma più efficace rispetto allo scambio automatico di informazioni al quale la Svizzera si adeguerà sulla base di un negoziato in corso con la Ue. E che entrerà in vigore dal 2018.
”In un’ottica di lungo termine” l’accordo con la Svizzera porterà ”grandi benefici per le finanze pubbliche”, commenta il ministro Padoan. Che poi scherzando ha aggiunto, sui possibili ricavi dell’accordo: ”A bilancio questo accordo è postato un euro ma azzardo una previsione, sarà più di un euro. Mi fermo qui non vado oltre”.
L’intesa riguarda anche i lavoratori frontalieri e la questione fa parte di una road map politica in cui viene prevista la reciprocità: anche i frontalieri svizzeri che lavorano in Italia saranno compresi nell’accordo. I lavoratori oltre confine saranno assoggettati ad imposizione sia nello Stato in cui esercitano l’attività, sia nello Stato di residenza. La quota spettante allo Stato del luogo di lavoro ammonterà al massimo al 70%.
Il Paese di residenza dei lavoratori applicherà l’imposta sul reddito tenendo conto delle imposte già prelevate nell’altro Stato ed eliminando l’eventuale doppia imposizione. Il carico fiscale totale dei frontalieri italiani rimarrà inizialmente invariato e successivamente, con molta gradualità, sarà portato al livello di quello degli altri contribuenti.
“Non vi sarà più alcuna compensazione finanziaria tra i due Stati, come previsto fino ad oggi in base all’accordo del 1974. Il ristorno ai Comuni frontalieri italiani sarà a carico dello Stato, sulla base del principio di invarianza delle risorse”, commentano le agenzie.