Il primo Maggio 2015, per Milano sarà una data storica. Oltre alla ricorrenza della festa del Lavoro aprirà i battenti Expo 2015 facendo diventare la città capoluogo “del mondo” e dove eccellenza, produzione e impegno comune la faranno da padrone.
Lavoro, made in, ingegno sono temi cari alle pmi e quindi, in questa ricorrenza, permettetemi una domanda. In un momento in cui Expo sta portando sulla scena mondiale l’Italia e la Lombardia e in cui si stanno preparando innumerevoli manifestazioni per ricordare il primo Maggio, cosa si sta facendo di concreto per far sopravvivere l’industria del territorio? In attesa della “ripresa” di cui tutti parlano, da ormai troppo tempo, quante imprese sopravvivranno anche al 2015?
A poche ore dall’apertura di Expo nel quale i Paesi esporranno i loro prodotti, infatti, va ricordato che proprio quei prodotti – tanto decantati da italiani e “stranieri” – sono frutto dell’ingegno di uomini e donne che ogni giorno aprono i cancelli delle fabbriche, accendono i macchinari, si siedono alle scrivanie, ideano ed elaborano nuovi manufatti, che hanno fatto grande il made in Italy e che tuttora lo esportano nel mondo. E non sto parlando solo della merce esposta nei padiglioni, ma mi riferisco anche ai mezzi che hanno permesso la costruzione degli spazi, al lavoro degli operai che hanno reso possibile la realizzazione delle infrastrutture, a ogni più piccolo componente uscito dalle catene di montaggio non solo dalle, spesso più famose, grandi aziende ma anche di tante piccole e medie.
Prodotti di qualità, quelli italiani, ma nati e sviluppatisi in condizioni totalmente diverse da quelli realizzati nei capannoni degli altri paesi europei e non, perché diverse sono le condizioni in cui operano gli imprenditori stranieri. Quindi la domanda “Cosa si sta facendo per far sopravvivere e sviluppare l’industria in Italia?”. Mentre c’è chi, tra molte multinazionali, è dedito allo shopping dei famosi brand italiani, in Italia continuano a chiudere le fabbriche e aumenta il disagio sociale. È sempre più evidente la mancanza del legame diretto tra pmi e banca, con conseguenti difficoltà di accesso al credito che conosciamo tutti, e solo in parte è stata disboscata la farraginosa sequela di lungaggini burocratiche, di norme che vanno a mortificare la vocazione al dinamismo delle pmi.
Se gli imprenditori non vogliono appendere al chiodo le capacità di coniugare creatività artigianale e specializzazione industriale in prodotti ricchi di design, innovazione affidabilità e servizio – ed Expo lo dimostra – è anche vero che non hanno bisogno di sentire continuamente parlare di “ripresa”, di “riforme” senza poter toccare con mano il vero cambiamento. Quel senso di responsabilità che coinvolge il piccolo imprenditore e suoi collaboratori, teso al raggiungimento degli obiettivi, vorrei che si potesse trovare a tutti i livelli, dagli enti più piccoli a quelli più corposi, coinvolgendo le parti sociali per dare vita a uno schieramento coeso a favore della ripresa. Non solo il Primo Maggio. Ma giorno per giorno. Eliminando gli sprechi. Finanziando lo sviluppo. Non lasciando sole le aziende ad affrontare l’agguerrita competizione internazionale e le difficoltà legate al fisco esoso, ai costi elevati dell’energia e alla legislazione non sempre chiara che spesso rende l’imprenditore un presunto colpevole.
*presidente di Confapi Industria