Lavoro, artigiani in nero: a Monza e in Brianza sono 10.500

L'analisi dell'Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardia, in tutta la regione sono 130.800, l'11,3% dei professionisti che svolgono attività autonoma
Al lavoro in una officina brianzola
Al lavoro in una officina brianzola FABRIZIO RADAELLI

Intervengono su impianti elettrici, dipingono edifici, tappezzano stanze, riparano automobili, tagliano i capelli all’ultima moda, curano la manutenzione del verde, effettuano traslochi. E poi c’è chi fa l’idraulico, chi si improvvisa taxista e chi si propone come muratore. Peccato, però, che facciano tutto questo all’insaputa dello Stato e del Fisco. Anche nella nostra provincia, ovviamente. Vengono definite unità indipendenti non regolari. Sono, in pratica, artigiani improvvisati che lavorano in nero. Con ovvie conseguenze negative sia per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, sia per le entrate dell’Amministrazione fiscale.

Artigiani in nero, l’analisi di Confartigianato Lombardia

Queste attività, inoltre, costituiscono un evidente caso di concorrenza sleale nei confronti dei soggetti che rispettano le leggi dello Stato. L’Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardia ha provato a esaminare la questione e ha pure inquadrato il fenomeno con dei numeri. In Lombardia questi lavoratori «fantasma» sarebbero 130.800, pari all’11,3% dei professionisti che svolgono un’attività autonoma. La Lombardia è prima a livello nazionale. Come dire che la nostra regione, in quanto a voglia di fare (pure in maniera piuttosto disinvolta, come in questo caso), non ha rivali entro i confini nazionali. Ma pure Campania e Lazio, titolari nell’ordine delle piazze d’onore, non scherzano: qui a lavorare in totale libertà sarebbero, rispettivamente, 121.200 e 115.500 persone.

Artigiani in nero, la provincia MB quarta in regione (che ha il record nazionale)

«L’analisi degli ultimi dati dell’Istat disponibili a livello regionale sull’economia non osservata (anno 2019) – specifica l’Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardiaevidenzia in Lombardia un peso del lavoro non regolare (490 mila unità) sul totale pari al 10,0% (12,6% nazionale). Si rilevano valori superiori per Agricoltura (14,3%), Servizi (11,3%) e Costruzioni (10,7%); mentre per il Manifatturiero esteso il peso del lavoro irregolare è la metà di quello totale (5,0%).La quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare rilevata per la nostra regione è, dopo quella del Veneto, la più bassa e pari al 3,6% (4,9% nazionale). Nonostante ciò, la Lombardia è la prima regione per numero di unità di lavoro indipendenti non regolari pari a 130.800. Tra le prime dieci province italiane per numero di unità di lavoro indipendenti non regolari troviamo, dopo Roma e Napoli, in terza posizione, Milano con 47.400 unità».

Se la supremazia del capoluogo meneghino è fuori discussione pure in questo settore, le altre province lombarde possono comunque esibire dati interessanti: Monza Brianza è quarta, con una popolazione stimata di 10.500 lavoratori abusivi. Una quota inferiore a quelle indicate per le province di Brescia (16.700) e Bergamo (13.600). In fondo alla graduatoria lombarda ci sono Sondrio (2.700) e Lodi (2.400).