Tortelli, tortellini e tagliatelle. Gnocchetti o polenta. Ma solo al sabato. Il resto della settimana minestrina, uovo in camicia o riso in bianco. Così Enzo Ferrari è arrivato a 90 anni. Parola di Iolanda Mazzini, per tutti Iole, 80 da compierne il 16 ottobre.
Due giorni prima del matrimonio della nipote Giulia. “Eppure con le date faccio fatica. Ho avuto anche sofferenze, nella mia vita. Ho perso mio marito e anche un figlio di 25 anni”. Era una cuoca alla Baita Panaro, ristorante chiuso alla fine degli anni Settanta. Lì pranzava il Drake, subito fuori dall’autodromo di Fiorano.
Quando il locale chiuse, mandò dalla Iole un’auto con un autista e guardia del corpo, che la accompagnarono a Maranello. Ferrari la voleva assumere come cuoca personale. “Eppure non fu tanto gentile, quella volta”, rivendica con la sua cadenza morbida come il profilo di un caplét. “Lei non è tanto bella, mi disse. Cosa devo fare io?, gli risposi. La cuoca, ribatté. E allora vado bene”. Discorso chiuso. Su le maniche e subito in cucina, assunta e dritta in cucina a dar di mattarello e grattugia per arricciare gli gnocchi.
Da quel momento la Iole cucinerà per Ferrari sino alla fine, apprezzando sempre la sua schiettezza. “Una volta cadde vicino a me, era già anziano. Corsi per aiutarlo, mi rispose ‘Ce la faccio ancora ad alzarmi’. E così fece”. Oggi, nella sua casa di via Villeneuve a Maranello, dove abita con la sorella, la Iole dice: “Era un uomo bravo, schietto, severo e onesto. Per me era una persona favolosa. La mia arte era fare la cuoca, avevo imparato dalla mia mamma. E solo quello sapevo fare. Quando persi mio figlio, Ferrari mi fu vicino. Anche lui sapeva cosa volesse dire perdere un figlio. Ricordo che un giorno mi regalò una borsa, ce l’ho ancora”.
Nella villa di Fiorano, dove il mito del Cavallino completava la sua corsa verso l’immortalità, il grande vecchio sedeva al tavolo con la crema della società di allora. “Ho cucinato per Pertini, Berlinguer, Craxi, Mina o la Vanoni. Arrivavano a Fiorano per visitare la pista, gli stabilimenti. E io cucinavo”. C’è anche lei ora a guardare al Gp di Monza, a due passi dalla casa dei parenti, a Carate. “Se mi piace la Formula 1? Certo, tifavo per Villeneuve. Poi, successivamente, mi sono piaciuti Schumacher e Raikkonen, ma la macchina non va. Ma ho nel cuore Barrichello, che ogni anno per Natale mi invia gli auguri”.
Lui, Robinho, nel paddock di Monza invia un pensiero alla sua Iole. “Ho sempre vissuto momenti bellissimi e ho ricordi particolari, sia a Fiorano che a Maranello. Mi hanno fatto sempre sentire a casa. In effetti ho il cuore metà brasiliano e metà italiano. Così avverto bene che questa Monza è ancora la mia Monza”.