Quasi 3.600 richiedenti asilo accolti dal 2014 sui 5.000 transitati dalla Brianza, 1.080 attualmente inseriti nei progetti di integrazione rispetto ai quasi 1.900 presenti nella provincia di Monza: sono i numeri che rispecchiano l’attività svolta dalla rete Bonvena formata da una ventina tra consorzi, associazioni, cooperative e parrocchie che ogni giorno lavorano con i migranti scappati dalle guerre o dalla fame. Le cifre, che confermano il netto calo di arrivi registrato dall’estate 2017, sono raccolte nel sesto report “Dal mare e dalla terra” presentato nei giorni scorsi in via Grigna ad amministratori locali, operatori e volontari.
Bonvena, attiva in 44 comuni del territorio, da anni punta sul modello di accoglienza diffusa che prevede, dopo il passaggio dei profughi negli hub di Monza o di Agrate e in strutture comunitarie, il loro inserimento in appartamenti in cui possono ricreare un ambiente familiare.
Le associazioni del raggruppamento coordinano i progetti di integrazione e formazione professionale di 193 giovani a Monza (su un totale di oltre 400), di 121 nella piccola Camparada, di 105 a Limbiate, di 49 a Lissone, di 47 a Triuggio. In molti comuni sono gli unici a lavorare con gli stranieri che provengono da 32 nazioni e, perlopiù, hanno un’età compresa tra i 20 e i 28 anni. Molti di loro hanno lasciato i paesi dell’Africa subsahariana dove le condizioni di vita diventano sempre più estreme a causa del surriscaldamento del clima che costringe intere popolazioni a spostarsi.
La Lombardia, secondo una ripartizione effettuata dal ministero dell’Interno sulla base della popolazione delle singole regioni, accoglie poco più del 13% dei richiedenti asilo sbarcati in Italia e la nostra Provincia circa il 9% del totale lombardo. I numeri, sostengono i responsabili di Bonvena, non vanno utilizzati per creare allarmismi: i profughi, infatti, rappresentano circa il 3 per mille dei residenti.
Il fenomeno, ben lontano da quella che alcune forze politiche tra cui la Lega definiscono un’invasione, ha anche importanti ricadute positive sul tessuto economico locale: le organizzazioni che aderiscono alla rete danno lavoro a 200 operatori, molti dei quali laureati. Non va poi, ricordano gli esperti, trascurato il giro d’affari costituito dagli acquisti di abbigliamento, biancheria e alimenti salutati con favore da molti piccoli commercianti.
Il report raccoglie alcune testimonianze: da quella dei titolari di un discount di Albiate in cui i giovani spendono tra i 3 e i 400 euro a settimana a quella di una panettiera di Limbiate che ogni giorno sforna una ventina di chili di pane per i ragazzi del centro di prima accoglienza di Mombello fino a quella di un libraio di Monza a cui gli stranieri chiedono i libri per imparare l’italiano. Sono del resto numerose le aziende, sia a conduzione familiare che multinazionali, che hanno aperto le porte ai richiedenti asilo attraverso stage, tirocini, borse lavoro.
I migranti, durante il loro percorso di accoglienza, frequentano corsi di formazione professionale che spaziano dalla ristorazione all’edilizia, dal giardinaggio alla cura delle persona, dalla sartoria alla tinteggiatura per arrivare ai cicli per piastrellisti, elettricisti, meccanici, mulettisti e saldatori. L’integrazione, ricordano gli operatori, passa non solo attraverso il lavoro ma anche lo sport, come dimostra la partecipazione alle attività organizzate da molte società in decine di comuni e alle iniziative di volontariato tra cui le manutenzioni effettuate gratuitamente per conto delle amministrazioni locali.