Seveso, disastro della diossina: inizia il processo contro la Givaudan (che non si difende)

La causa collettiva intrapresa dai 10.174 cittadini danneggiati dalla diossina, appartenenti al Comitato 5D e provenienti dai Comuni di Seveso, Meda, Cesano Maderno e Desio, s’avvia alla prima udienza di giovedì 10 dicembre non senza colpi di scena. Silenzio della multinazionale svizzera.
Diossina a Seveso, una foto del 1976
Diossina a Seveso, una foto del 1976

La causa collettiva intrapresa dai 10.174 cittadini danneggiati dalla diossina, appartenenti al Comitato 5D e provenienti dai Comuni di Seveso, Meda, Cesano Maderno e Desio, s’avvia alla prima udienza di giovedì 10 dicembre non senza colpi di scena.
Trattandosi della più grossa causa risarcitoria finora mai intentata, aveva già suscitato scalpore quando, il 10 luglio di quest’anno, 39esimo anniversario dell’incidente Icmesa, gli avvocati del Comitato 5D, fondato nel 1976 da Gaetano Carro e da lui presieduto, Marianna Ballerini e Daniela Corbini, avevano presentato al tribunale di Monza la citazione con richiesta risarcitoria a nome di 10.174 cittadini desiderosi di avere finalmente giustizia. Peccato che la controparte, cioè la multinazionale svizzera Givaudan Hoffman La Roche, che aveva l’onere di costituirsi in giudizio entro 20 giorni dalla data dell’udienza indicata in citazione, quindi non oltre il 19 novembre, abbia preferito restarsene in silenzio.

«Non mi meraviglio – asserisce con forza Carro – e mi tornano in mente le parole dell’allora responsabile della Givaudan che, nel 1983, durante la celebrazione del processo penale di primo grado a Monza, al presidente del tribunale, che gli chiedeva perché il triclorofenolo, che causò il disastro diossina, non fosse stato prodotto in Svizzera, rispose che in Svizzera non potevano produrre quella sostanza senza mettere a repentaglio la salute dei cittadini. Del resto fu proprio la Givaudan che, in barba all’impegno assunto nel luglio del 1976 di proseguire le operazioni di risarcimento di danni a terzi, ricorse in appello e in cassazione contro le sentenze favorevoli ai danneggiati, ottenendo nel 1997 la condanna per i cloracneici alla restituzione del risarcimento riconosciuto dal giudice di merito. E, qui, né i 4 Comuni coinvolti né la Regione, che negli anni 80 incamerarono oltre 90 miliardi di lire per i danni subiti dai cittadini, mossero un dito a difesa dei cloracneici, molti dei quali si videro ipotecare la casa».

Ora, la maxi causa non decade. La Givaudan potrà ancora costituirsi in giudizio il giorno stesso dell’udienza e oltre. Perfino la mancata costituzione non impedisce, in linea di massima, la prosecuzione del giudizio. Di certo, però, la multinazionale ha perso la possibilità di sollevare eccezioni che non siano rilevabili d’ufficio, di proporre domanda riconvenzionale e di chiamare terzi in causa.

Intanto, il Comitato 5D, in collaborazione col coordinamento “No Pedemontana”, si muove su altri fronti. «Abbiamo chiesto alla Fondazione Lombardia per l’Ambiente di rifare le analisi dei terreni della ex zona B, aggiornando così i dati – spiega Davide Biggi, coordinatore dei “No Pedemontana” che ha raggiunto il camper del Cittadino presente a Seveso – ci sembra un’azione utile per la salute e la qualità di vita dei residenti, indipendentemente dalla realizzazione della tratta B2 di Pedemontana che noi, ovviamente, avversiamo. E continuiamo a raccogliere le firme per chiedere un consiglio comunale aperto a Seveso su Pedemontana poiché riteniamo non sufficiente un generico incontro pubblico».