La tragedia di Motta Visconti, con la morte di Maria Cristina Omes e dei piccoli Giulia e Gabriele per mano del marito e padre Carlo Lissi, nelle parole di don Alessandro Suma, triuggese, coadiutore dell’oratorio della parrocchia di San Giovanni Battista. Don Alessandro,dallo scorso settembre a Motta Visconti, nei pochi mesi di permanenza nella nuova comunità ha avuto modo di vedere in oratorio la famiglia Lissi.
«Non li conoscevo bene di persona, ma vedevo la mamma e il papà venire al parchetto giochi con la piccola Giulia, che tra l’altro cantava nel coretto Arcobaleno della comunità – spiega don Alessandro Suma -. La comunità è rimasta scioccata per le varie rivelazioni che si sono succedute. All’ inizio, il primo giorno, si è percepito un senso di paura: il pensiero di non essere più sicuri in casa propria. Poi, con la confessione di Carlo, la paura si è trasformata in angoscia.
Io posso parlare tramite le testimonianze dei miei parrocchiani, che mi descrivono Carlo come una persona tranquilla, pacata: il suo gesto estremo e inconsulto ti mette di fronte a degli interrogativi. La nostra preoccupazione, come preti, è quella di come orientare, sostenere il cammino della nostra comunità, cercando di portare una fiducia di apertura verso il futuro». Don Alessandro parla di speranza, esortando le persone e le comunità a non identificarsi con il fatto di cronaca.
«Siamo chiamati a ripartire dalla certezza della nostra comunità e ad identificarci con essa, e non con l’ episodio. Il fatto c’è stato, è un dramma doloroso che lascia grandi ferite, ma dobbiamo ripartire dalla speranza e dal buono che c’è dentro ognuno di noi e dentro la nostra comunità. L’ invito che ho sentito da molti genitori che si sono rivolti a me in questi giorni, è quello di far tornare la presenza di Dio nella nostra vita».