La canzone dell’immarcescibile Lucio Battisti richiamata nel titolo, scorre lenta nelle cuffie e mi accompagna verso una giornata uggiosa. Sono le 6 del mattino e piove anche dentro di me. Pazienza ci sono abituato. Penso. Cammino. Come mi capita spesso di fare all’alba. Da solo stavolta. Sono riuscito a “scappare” per sei mesi, ma ora mi hanno incastrato. Sì. Accetto la sfida.
Da questo numero firmerò come direttore responsabile le pagine di questo prestigioso giornale che compie quest’anno proprio 125 anni. Una bandiera (il giornale non io) del territorio che nonostante le ammaccature c’era, c’è, ci sarà con rinnovato vigore. E penso anche ad Angelo Longoni che qui dentro tutti conoscono. Sorride da lassù. Ne sono sicuro. Ancora tu… un altro ritornello del grande chansonnier di Poggio Bustone, non mi dà tregua. Mi avvolge.
Il giornale lo conoscete, il sottoscritto un po’ meno. In 37 anni e passa ho frequentato i marciapiedi perigliosi della Brianza e non solo dove passeggia la gente “vera” ed umile. Le stanze ovattate dei palazzi del potere drogate dall’apparire più che dell’essere. Ho navigato nel mare pericoloso della politica ed anche nelle placide acque degli Uffici stampa ben retribuiti. Cosa che avrei continuato a fare volentieri. Lividi, accelerazioni, follie. Ho un difetto. Uno dei tanti. Non so resistere alle provocazioni. E quella lanciata dall’editore che ha scelto il sottoscritto come direttore, più che una sfida è un vero e proprio pungolo. In passato e anche in un recente presente, mi hanno detto di tutto e di più. Non me la sono mai presa.
Dividendo il genere umano, come ha fatto magistralmente Leonardo Sciascia, in: uomini, mezzi uomini, ominicchi (con rispetto parlando) e quaquaraquà. Tra quelle citate ne manca una assai diffusa anche dalle nostre parti, ma che nemmeno voglio prendere in considerazione. Insomma sono qui in trincea perché a me l’odore della polvere da sparo piace. Sappiatelo.
P.S.
Debbo dire che la miglior battuta alla notizia della mia nomina l’ha fatta un mio amico carissimo d’infanzia. Uno di quelli del cortile di via Oberdan 40 a Lissone. “Tu direttore de Il Cittadino? Che vuoi che ti dica…fa già ridere così“.