La protesta degli infermieri al Pirellone: «Una flebo come il sangue che ci state prelevando, non ce la facciamo più»

Anche gli infermieri brianzoli appartenenti al Nursind, sindacato che in Lombardia conta oltre 7 mila iscritti, hanno protestato nella mattinata di venerdì a Milano sotto il palazzo della Regione Lombardia per gridare ai vertici lombardi che: “Non ce la facciamo più”.
Un momento della protesta
Un momento della protesta Annamaria Colombo

Sono scesi in piazza con la tuta bianca che ogni giorno, da due anni a questa parte, indossano nei reparti Covid. I volti coperti dalle mascherine che a fine turno lasciano i segni indelebili della fatica. E al braccio si sono attaccati una flebo, simbolo del “sangue che ci state prelevando. Non ce la facciamo più”.

Anche gli infermieri brianzoli appartenenti al Nursind, sindacato che in Lombardia conta oltre 7 mila iscritti, hanno protestato nella mattinata di venerdì a Milano sotto il palazzo della Regione Lombardia per gridare ai vertici lombardi quello che da oltre due anni il NurSind denuncia alle istituzioni: mancanza di personale, infermieri che nelle corsie lombarde hanno un’età media di 50 anni, carichi di lavoro non più sopportabili.

La protesta degli infermieri al Pirellone: «Una flebo come il sangue che ci state prelevando, non ce la facciamo più»
Alcuni momenti della protesta

“Abbiamo deciso di scioperare nel pieno della quarta ondata perché siamo stanchi – spiega Donato Cosi, coordinatore regionale del NurSind e componente del consiglio nazionale – È da prima dell’emergenza sanitaria che chiediamo alle direzioni delle Asst e alla Regione di intervenire. Prima di marzo 2020 più volte avevamo denunciato che in caso di una situazione di emergenza il sistema sanitario sarebbe collassato, anche quello lombardo che tanto si vanta di essere eccellente. Qui abbiamo resistito solo grazie al grande senso di sacrificio e di abnegazione di medici e di infermieri”.

Attualmente oltre il 50% degli infermieri lombardi è impegnato in reparti Covid. Oltre agli infermieri impiegati nei centri tamponi e nei centri vaccinali. Infermieri che, come nel caso dell’hub alla Fiera di Milano, vengono spostati dai loro ospedali, anche fuori dalla provincia di Milano, per essere impiegati nel grande ospedale Covid della Fiera. Un lavoro non certo semplice, soprattutto nelle terapie intensive dove gli infermieri, reduci dalle precedenti ondate, vengono impiegati: un infermiere per due pazienti di terapia intensiva. Venerdì, giornata di sciopero nazionale, gli infermieri hanno anche fatto presente che a fine mese, arriva loro una busta paga che vanta il record di essere tra le più basse d’Europa.

“Un neo assunto ha uno stipendio base di 1.450 euro – prosegue Cosi -. Un contratto di 36 ore a settimana, che molto spesso sforano, con professionisti che in molti casi lavorano su turni di 12 ore, sia di giorno sia di notte”.

Nei giorni scorsi il NurSind aveva inviato una lettera ai vertici della Regione Lombardia annunciando non solo il presidio, ma anche chiedendo maggiore considerazione con azioni concrete.

“Si fa presto a chiamarli eroi e a dedicargli canzoni e applausi-sottolinea Cosi- Gli infermieri, seppur lusingati da queste manifestazioni, hanno, però, bisogno di fatti concreti, a supporto delle quotidiane difficoltà. Chiediamo alla Regione Lombardia di dare la giusta attenzione verso chi un giorno, forse, finirà sui libri di storia ma che, oggi, si trova qui a rischiare la propria vita per salvarne altre. Nonostante le nostre precedenti richieste e segnalazioni, a tutt’oggi, nessuna reale iniziativa di riconoscimento da parte di Regione Lombardia è stata rivolta nei confronti degli infermieri lombardi e di tutto il personale sanitario”.

Gli infermieri hanno, inoltre, protestato contro le aggressioni subite dagli utenti e la diaspora sempre più diffusa di professionisti che, piuttosto di lavorare alle attuali condizioni, si licenziano e per chiedere il riconoscimento e la valorizzazione della loro reale professionalità e la presenza di più infermieri docenti nelle Università.