La morte di monsignor Arosio: l’intervista del 2013 per i 65 anni di sacerdozio

Nel 2013, monsignor Peppino Arosio aveva festeggiato i 65 anni di sacerdozio e si era raccontato al Cittadino in un’intervista pubblicata sull’edizione del 23 maggio. La versione integrale dell’articolo.
Monza, monsignor Peppino Arosio alla prima messa nella parrocchia di Cederna nel 1948
Monza, monsignor Peppino Arosio alla prima messa nella parrocchia di Cederna nel 1948 Fabrizio Radaelli

Nel 2013, monsignor Peppino Arosio aveva festeggiato i 65 anni di sacerdozio e si era raccontato al Cittadino in un’intervista pubblicata sull’edizione del 23 maggio. Di seguito la versione integrale dell’articolo.


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La festa per monsignor Giuseppe Arosio è iniziata nella chiesetta di San Francesco a lui tanto cara. Qui, in questo piccolo edificio sacro a pochi passi dalla sua casa, il futuro don Peppino aveva visto sorgere la sua vocazione.

“Nel 1930, due anni dopo l’apertura di questa chiesa, ho iniziato a fare il chierichetto e qui ho celebrato una delle mie prime Messe” ricorda con un filo di commozione. E, in occasione del suo sessantacinquesimo anniversario di ordinazione sacerdotale, ha presieduto nuovamente una sacra funzione.

Una Messa davvero speciale che ha riportato don Peppino indietro nel tempo, a quel 22 maggio del lontano 1948 quando è diventato prete. Classe 1925, sempre presente alle iniziative dei suoi coscritti, il sacerdote del Cederna ha trascorso i suoi primi tre anni di ministero a Gorla Minore.
“Nel 1951- riprende il racconto – sono tornato a Monza e per nove anni ho prestato servizio nella parrocchia di San Biagio”.

Ma il suo nome è legato indissolubilmente alla storia di un altro quartiere che in quegli anni andava sviluppandosi, il quartiere di San Giuseppe.
“Già a metà degli anni cinquanta- precisa- sono stato mandato “in avanscoperta” in via Guerrazzi perché l’allora parroco monsignor Gilardi aveva deciso di creare una comunità in quella zona che, pur facendo parte della parrocchia di San Rocco, era lontana dalla chiesa madre nonché mal collegata. E così fui io il fondatore della nuova parrocchia in quel quartiere che allora chiamavano “dei tramvieri”.

La prima opera a cui Don Peppino mise mano fu la realizzazione della scuola materna parrocchiale San Luca (che ancora oggi accoglie i piccoli del rione) poi fu la volta della chiesa. A dir la verità, la prima chiesa, che nel 1961 aveva ottenuto lo status di chiesa parrocchiale, divenne troppo piccola per le esigenze della comunità in continua espansione e nel 1972 furono poste le basi del nuovo edificio sacro progettato dall’architetto svizzero Justus Dahinden,

“Una chiesa modernissima, originale, diversa dalle solite” sottolinea don Peppino. L’edificio fu dedicato a San Giuseppe nel giugno 1976 dall’allora arcivescovo di Milano cardinal Giovanni Colombo. E fu questa passione per l’architettura moderna, un po’ fuori dagli schemi tradizionali, che portò don Peppino a fare un ulteriore passo. Dopo venticinque anni trascorsi a San Giuseppe nel 1984 fu chiamato dal Cardinal Martini nella Curia milanese a dirigere l’Ufficio Diocesano delle Nuove Chiese.

Un incarico impegnativo ma ricco di soddisfazioni durato fino al 2005 quando è rientrato a Monza. Ma in questi otto anni don Peppino non ha fatto certo il pensionato e ha offerto il suo contributo e la sua esperienza alla sua città e al suo quartiere. E domenica riceverà nuovamente l’omaggio del suo Cederna durante la Messa nella chiesa della Sacra Famiglia.