Alcune storie vanno scritte per rispondere a un imperativo morale. Per fare ordine nella mente e nel cuore. E per trovare nuove verità. Vanno scritte perché a un certo punto è importante sapere di non lasciare nulla in sospeso: una promessa è una promessa e va mantenuta, a ogni costo.
È con questo spirito che Mario Bonati, cronista d’altri tempi, storico redattore delle pagine sportive del Cittadino, si è messo a scavare per riportare alla luce le origini del Monza. Non solo una passione quella per la squadra della città: per tanti anni una fede, in tutto e per tutto. Una fede di famiglia, che risale addirittura a prima del 1912 – anno in cui ufficialmente si sancisce la nascita della società calcistica che ora milita in serie A.
In oltre 300 pagine ancora inedite, opera per il momento non in vendita, autoprodotta dall’autore, Bonati ricostruisce “la ruggente epopea del balùn monsciasco” e, non per nulla, “All’ombra delle nostre bandiere” è dedicato “a nonno Mario e a mio papà Batistin”. Nonno Mario Bonati entra infatti in scena fin dalle prime pagine e lo si vede, anche, sguardo serio e posa fiera, uno scatto (probabilmente) del 1909: “Mario Bonati, primo capitano del Monza”, recita la didascalia.
“All’ombra delle nostre bandiere”, il libro sul Monza (al momento non in commercio)
“Lo sport del ‘foot ball’ è stato creato a Monza nel lontano agosto 1908 da quattro oratoriani del Carrobiolo: Bonati, Bonardi, Fossati e Macchi che, non avendo una sede, giocarono sul prato della Villa reale prendendo il nome di Monza Foot Ball Club”: il nipote riporta le parole del nonno che, a distanza di mezzo secolo, nel 1963, precisa che “nel 1909 la compagine diventò più numerosa e si poté comprare con fatica un pallone a lire 8,50. Nel 1910 si giocava senza una formazione ufficiale; nel 1911-12 ci siamo insediati in via Frisi mutando il nome in Pro Italia. Ecco la squadra formata dai seguenti signori: Della Torre, Radaelli, Maggi, Astori, Ciceri, Macchi, Bonati, Scotti, Colombelli, Passoni. Allora decisi i colori della divisa, fatta preparare da un magliaio di via Zucchi dai colori metà bianco e celeste (l’attuale bianco rosso arriverà più tardi, ndr) e in seguito abbiamo avuto anche il permesso di piantare i pal per le due porte (…). Abbiamo anche avuto fra noi una mamma, la gentilissima signora Maggi Giuseppina, che dava i suoi suggerimenti ai giocatori”.
Insomma: il Monza pare nascere proprio da lì, e parrebbero confermarlo stralci di articoli e documenti che Bonati ha ripescato in tre anni di lavoro attento e minuzioso, seguendo a ritroso il filo rosso (e bianco) di una storia che non smette di appassionare. Ha frugato tra gli archivi della biblioteca civica di Monza e del Comune, in quelli del sistema bibliotecario di Milano e tra le pagine online della Bdl, la biblioteca regionale lombarda, che custodisce preziose edizioni dei periodici dell’epoca – “La Democrazia”, “Corriere di Monza e della Brianza”, “Corriere di Monza”, “Il popolo di Monza”, “Tribuna monzese”.
Il libro sul Monza di Mario Bonati tra storia e aneddoti
Poi, ovviamente, il Cittadino di Monza e Brianza, a cui ha dedicato tanta parte della sua carriera professionale, che da subito – dal 1910 – riporta aggiornamenti sui match disputati e sui “goals” segnati. Le riproduzioni degli articoli, delle fotografie e dei documenti originali aprono una spaccato sulla Monza che fu: una città che “nei primi mesi del 1908 sfonda il tetto dei 55mila abitanti” e che si trova a fare i conti con “gli ultimi strazianti barlumi della civiltà contadina, annichilita dall’industrializzazione ormai imperante”.
Piccoli e grandi eventi e personaggi che hanno fatto la storia della città si intrecciano alle piccole, grandi conquiste di una squadra che assume connotazioni sempre più definite: attraverso le gesta degli sportivi, Bonati ripercorre gli anni duri della prima guerra mondiale, del ventennio fascista e del secondo conflitto, per fermarsi (per ora) al 1953. Una carrellata fitta fitta che passa – ad esempio – dal Cittadino del 26 settembre 1912, che scrive così: “Si è costituito in Monza, dal primo settembre, una nuova società per l’incremento del gioco del calcio, sotto il nome di Monza F.B.C. La nuova società ha fissato la sua sede presso il caffè-pasticceria Roma, sulla piazza omonima”, e che accompagna il lettore alle prime partite disputate nel “campaccio inghiaiato” di Triante, in via Cavallotti, a quelle nel terreno di via Grazie Vecchie (“completamente cintato – si legge – e fornito di comode e signorili tribune”) fino a quelle nel campo di via Ghilini, inaugurato nel marzo del 1924 in occasione delle celebrazioni organizzate anche a Monza per festeggiare l’annessione di Fiume al Regno d’Italia – celebrazioni che avevano portato in visita in città i calciatori del club sportivo istriano “Gloria”.
Il libro sul Monza che dà spazio alla nostalgia
Gli aneddoti non si contano e la nostalgia (canaglia) irrompe tra le pagine, mescolata alle considerazioni per quello che, oggi, il Monza non è più. “Negli anni – ammette – la passione per il biancorosso si è trasformata in un sentimento bivalente, che affonda le sue radici nell’Odi et amo di Catullo. La struggente nostalgia di un passato che non tornerà mai più e le bassure perpetrate l’altro ieri; la sfolgorante magnificenza dei giorni grandi – penso a Peppini Borghi, Enzo Radaelli, Aurelio Cazzaniga e Giovanni Cappelletti” che nel clima di entusiasmo generale a qualcuno (come l’autore) spesso non piacciono. Ma è «un tormento che non passa e non passerà».