Compare anche il nome di un noto locale di Lissone (estraneo ai fatti) nell’ordinanza dell’inchiesta coordinata dalla Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Milano inerente un’ipotesi di corruzione che ha visto tra gli altri indagato il governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana e, tra gli arrestati, ai domiciliari, l’ex sindaco di Giussano Gian Paolo Riva.
Nella saletta privata “Console” del Noir, la sera del 18 gennaio 2018, si parla d’affari e ci si diverte. Ci sono Pietro Tatarella, consigliere comunale a Milano e vicecoordinatore regionale di Forza Italia, e Fabio Altitonante, sottosegretario regionale all’area Expo. Siedono, sui divanetti della discoteca di Lissone, anche Gioacchino Caianello (ex coordinatore forzista di Varese), Alessandro Petrone (assessore all’urbanistica di Gallarate), l’avvocato Carmine Gorrasi e altri imprenditori.
Nel ruolo di padrone di casa c’è Daniele D’Alfonso, impresario nel ramo servizi ambientali, quanto mai interessato alla buona riuscita della serata, che non è una semplice rimpatriata fra amici, ma ha “finalità chiaramente lobbystiche”, come spiega il gip Raffaella Mascarino nell’ordinanza di custodia cautelare che ha fatto tremare i vertici della Regione (indagato anche il governatore Attilio Fontana per abuso d’ufficio), che ha mandato 28 persone in carcere o ai domiciliari, compresi molti dei partecipanti alla serata di bisboccia al Noir, sicuramente i personaggi più importanti.
È bene sottolineare che la gestione e la proprietà del locale notturno sono estranee a ogni tipo di accusa. I reati riguardano aste pilotate, tangenti. Prima dell’incontro, è palpabile l’eccitazione di D’Alfonso al telefono con un certo “Emi”, del Noir. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Monza, però, intercettano la conversazione: “c’ho mezza Forza Italia stasera, tutti i numeri uno di Forza Italia di Varese son lì…faccio una figura faccio…se va bene stasera Emi (…)siccome lo so che spenderò tanto, perchè tra mangiare e dopo…questi bevono come sanguisughe..”.
La conferma che la finalità “sia proprio quella confessata da D’Alfonso”, ovvero creare “i canali necessari a facilitare l’aggiudicazione di commesse pubbliche”. Nelle carte dell’inchiesta compare, tra gli indagati, anche il nome di Franco Zinna, per anni dirigente del comparto tecnico di Limbiate, raggiunto dalla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Zinna risulta infatti indagato per il reato di abuso d’ufficio, per fatti inerenti il suo ruolo all’interno dell’ufficio urbanistica al comune di Milano. Secondo quanto riportato agli atti, Zinna, nello svolgimento del suo incarico, “consentiva ad Altitonante, di ingerirsi sistematicamente nelle scelte di loro competenza, e di ottenere in violazione dei doveri d’ufficio, informazioni sullo stato di una pratica urbanistica”