Arcore, stop al bitumificio: il Comune pagherà 600mila euro alla Doneda (ma sorride)

The end per il caso Doneda ad Arcore. La più tormentata vicenda amministrativa dell’ultimo ventennio si è chiusa con una sentenza del Consiglio di Stato. L’addio all’ipotesi di un impianto di betonaggio sul territorio di Bernate è definitivo, così come lo è il prezzo da pagare per il Comune: 584.600 euro. La soddisfazione del sindaco.
Max27t Arcore - Protesta impianto Doneda
Max27t Arcore – Protesta impianto Doneda Spinolo Massimo

The end per il caso Doneda ad Arcore. La più tormentata vicenda amministrativa dell’ultimo ventennio si è chiusa in settimana con una sentenza del Consiglio di Stato. L’addio all’ipotesi di un impianto di betonaggio sul territorio di Bernate è dunque definitivo, così come lo è il prezzo da pagare: 584.600 euro. È quanto il Comune di Arcore è chiamato a versare alla F.lli Doneda, a risarcimento di un iter pasticciato, partito nel 2009 con atti pubblici favorevoli all’insediamento e approdato poi a un diniego. Il tutto a colpi di ricorsi, prima al Tar e poi al Consiglio di Stato.


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La sentenza – Proprio il Consiglio di Stato, sottolinea il sindaco Rosalba Colombo con soddisfazione, aveva stralciato già sei richieste su sette avanzate dall’azienda. Oggi limita gli obblighi per Largo Vela alla copertura delle spese di acquisto del terreno e di progettazione. Per un totale di neanche 600mila euro contro la richiesta danni di Doneda che partiva da un minimo di 1 milione 600mila euro. L’autorità giudiziaria ha infatti negato a Doneda il risarcimento per i mancati introiti legati a nuove commesse sottolineando l’ovvio: partecipare a una gara non significa vincerla. Sempre secondo la sentenza, l’impresa bergamasca non avrebbe mai potuto realizzare l’impianto sia perché il Comune è libero di negare il permesso (se usa i legittimi iter), sia perché Doneda è poi finita in concordato preventivo.

Le reazioni – La prima reazione della città prescinde dai dettagli legali e si risolve in un sospiro di sollievo per la fine certa della questione. Che l’avversione all’impianto sia motivata o frutto di allarmismo non è rilevante: Arcore non vuole il cementificio. Raggiunto l’obiettivo, si può anche parlare di costi e responsabilità.

La prima voce è quella del sindaco Rosalba Colombo che con la guerra al bitumificio ha vinto le elezioni nel 2011. «Sono soldi che abbiamo già in cassa, attività e servizi del Comune non subiranno alterazioni. Nel contesto della vicenda, si tratta di un prezzo da sostenere per lo scampato pericolo. Invece del bitumificio oggi c’è il corridoio ecologico arcorese. Il terreno è infatti sotto vincolo agricolo».
Colombo si dice soddisfatta, «è così che ci si prende cura del proprio territorio concretamente e con coraggio» e rimanda a chi l’ha preceduta le colpe: «La responsabilità, se non materiale, almeno morale, di questo spreco -dice- sta tutta in capo all’amministrazione del centrodestra guidata dall’ex-sindaco Marco Rocchini e alla sua decisione superficiale, unilaterale e mai verificata con i cittadini».

Nel 2009 la giunta Rocchini diede un via libera all’iter chiedendo a Doneda un anticipo sugli oneri di 150mila euro, allora essenziale a far quadrare il bilancio. In seguito la cifra venne restituita ai Doneda dall’esecutivo Colombo.

Dal centrodestra nessun commento a caldo, né attraverso comunicati né attraverso i social. Forza Italia si riproponeva di rilasciare una dichiarazione ieri sera, mentre però il giornale andava in stampa.

Commenti arrivano invece sull’altro fronte dell’opposizione, quello di ImmaginArcore, sinistra a vocazione verde e civica vicina al Comitato cittadino, secondo la quale la giunta Colombo avrebbe potuto agire in modo più scrupoloso per evitare la condanna al risarcimento.
Per esempio, dicono i militanti, «l’amministrazione scelse di non esercitare il diritto di autotutela per negare a Doneda la conclusione positiva del procedimento».
Il risultato sarebbe una tegola di 600mila euro sottratti ai già sofferenti bilanci comunali.

I Doneda, interpellati dal Cittadino, hanno fatto sapere di non voler rilasciare dichiarazioni alla stampa. I rapporti tra il colosso bergamasco del cemento e la città, d’altra parte, si chiudono qui.

Gli strascichi della vicenda, della quale si salva quasi solo l’esempio di partecipazione dato dalla cittadinanza con il Comitato No-beton, sono destinati a perdurare. Per esempio si attende di scoprire come l’Ordine degli avvocati agirà verso Elisabetta Mariotti, licenziata dal Comune per aver clamorosamente dimenticato di presentare una memoria difensiva in una fase del tribolato iter e «perché ci ha palesemente mentito», dice il sindaco, «non nel salotto di casa, ma nelle sedi istituzionali». Il verdetto dell’Ordine dovrebbe supportare una richiesta di danni da parte del Comune.