C’è una Brianza che corre, inventa, produce, esporta. E poi c’è una Brianza che, silenziosa e meno celebrata, sta iniziando a perdere colpi. Ci sono segnali che raccontano l’affanno di un territorio che aveva fatto dell’eccellenza la propria carta d’identità.
L’ambiente, un tempo considerato un sacrificio inevitabile sull’altare dello sviluppo, oggi presenta un conto salato. Aria pesante, mobilità difficoltosa. La Brianza si scopre più lenta del previsto nell’adeguarsi. E quando l’aria è irrespirabile, lo diventa anche il futuro. Il lavoro, motore storico della provincia, non basta più a rassicurare i giovani. Non perché manchino le imprese, ma perché manca quella percezione di possibilità e stabilità che dovrebbe accompagnare chi si affaccia al mondo professionale. La formazione arranca. E quando la formazione perde smalto, l’istruzione si ritrova a fare il doppio della fatica.
Poi c’è la sicurezza, tema fragile e scivoloso. L’arresto a Milano di minorenni brianzoli per un’aggressione con coltello non è solo un episodio di cronaca. È una crepa visibile di un fenomeno che riguarda disagio, mancanza di riferimenti, rabbia compressa. Perché ragazzi così giovani, così vicini, così nostri, non dovrebbero imbracciare lame bensì opportunità. La Brianza non è al collasso, ma non può neppure permettersi di ignorare ciò che la tira verso il basso.
Questo scivolamento in classifica non è un declassamento, ma un invito. A guardarsi allo specchio, a riscoprire la capacità di innovare senza perdere l’umanità, a costruire un territorio che torni ad attrarre talenti, giovani, idee. Perché la Brianza ha tutto per essere un modello. Ma nessun modello vive di rendita. Vive di visione, coraggio e responsabilità. E il momento di esercitarli è adesso.