Lissone, la farsa: la maggioranza vuole licenziare un consigliere d’opposizione

Cioè Luca De Vincentis: il centrodestra porta in consiglio un ordine del giorno per chiedere le sue dimissioni.
Luca De Vincentis in consiglio a Lissone
Luca De Vincentis in consiglio a Lissone Profilo Facebook di Vivi Lissone

In Brianza si è visto di tutto. Fino all’altro giorno sembrava proprio tutto. Ma chiedere le dimissioni di un consigliere comunale di minoranza con un voto d’aula, come si trattasse di un impiegato scomodo da licenziare? Mai successo. A inaugurare il metodo lo stile “tribunale politico” ci pensa la maggioranza di Lissone a trazione leghista, che ha deciso di mettere alla porta Luca De Vincentis (Vivi Lissone). Ufficialmente per toni sopra le righe e atteggiamenti provocatori. Ufficiosamente per fastidio istituzionale. Il tutto condito da un ordine del giorno che ha già fatto tremare le sedie e alzare più di un sopracciglio. Anche dentro la compagine uscita vincitrice dalle elezioni.

Lissone, la farsa: l’ordine del giorno e la firma fantasma

Una richiesta senza precedenti, condita da un altro pasticcio d’autore: tra i firmatari dell’atto spunta anche Daniele Fossati, della stessa area di maggioranza. Peccato che lui non ne sapesse nulla. Anzi, ha già preso le distanze dalla firma fantasma, sollevando un nuovo polverone. Da qui il sospetto. Qualcuno ha suonato il piano anche questa volta, ma il pianista non sapeva nemmeno di essere in sala concerto. La mozione, anzi no, l’ordine del giorno, che è pure lo strumento sbagliato, è già un capolavoro d’improvvisazione. Si chiede la “censura” e si “invita” alle dimissioni, come se un mandato popolare si potesse revocare con un buffetto istituzionale.

Lissone, la farsa: De Vincentis si rivolge a un legale

Dilettantismo? Arroganza? Forse tutte e due. Nel frattempo De Vincentis si è già rivolto a un avvocato, pronto a difendersi da un’accusa che sembra più un attacco politico mascherato. Intanto si prepara una seduta consiliare da fuochi d’artificio o da riunione carbonara, nel caso qualcuno volesse nascondere le crepe dietro porte chiuse. A Lissone, seconda città della Brianza, l’opposizione deve far paura a qualcuno, le firme spuntano da sole e la politica, più che un mestiere, sembra un torneo di improvvisazione. Come certe partite al bar.

Con una regola non scritta: chi disturba il manovratore, va espulso. Anche se eletto dai cittadini. De Vincentis si è già affidato a un legale, ma la seduta consiliare si preannuncia infuocata. E intanto la città osserva, tra l’incredulo e il divertito. Perché a Lissone ormai la politica si fa più con gli avvocati che con le idee. Più con le gaffe che con le mozioni. Più con i comunicati smentiti che con le decisioni vere. E mentre le opposizioni vengono “invitate” a lasciare il posto, la maggioranza inciampa sulle firme. Se fosse una serie Netflix, si chiamerebbe “Casa Brianza: firme, farsa e fantasmi in aula”. Ma qui non si recita: è tutto vero. E il pubblico, giustamente, si diverte. Almeno finché qualcuno non spegnerà la luce.