Nella fabbrica della nuova Italia: 60mila volte “Al di qua del fiume” di Alessandra Selmi

Il romanzo sull'epopea Crespi di Alessandra Selmi tocca 60mila copie e potrebbe trasformarsi in una serie televisiva.
Alessandra Selmi, "Al di qua del fiume"
Alessandra Selmi, “Al di qua del fiume”

Alla fine sono sei edizioni consecutive, qualcosa come 60mila copie. Che a dirlo prima, chissà, ci speri, ma non è che ci credi davvero. E poi, dopo, è così: un successo partito negli ultimi giri di calendario dell’estate che ha investito il romanzo di Alessandra Selmi, scrittrice, editor e peraltro a lungo anche collaboratrice del Cittadino. “Al di qua del fiume” pubblicato dall’editore Nord a fine agosto (496 pagine, 19 euro), in solo quattro mesi è entrato nella classifica dei cento libri più venduti di tutto il 2022, in un Paese dove vengono pubblicati ogni anno oltre 80mila titoli.

«Se me l’aspettavo? No, certo che no». Pausa. «E chi se lo aspettava. A furia di lavorare a testa bassa… non ne ho davvero idea: personalmente ho la sensazione che rispetto ai miei romanzi precedenti sia superiore, ma non dovrei essere io a dirlo. Io posso dire che la ricerca, la complessità della trama, per esempio, mi hanno richiesto un impegno superiore. Ma forse, ancora di più, l’ho sentito davvero mio».

“Al di qua del fiume” c’è il Villaggio Crespi

Dentro c’è un’epopea racchiusa in mezzo secolo: “al di qua del fiume” c’è il Villaggio Crespi di Crespi d’Adda, teatro di un’avventura imprenditoriale straordinaria sbocciata alla fine dell’Ottocento e arrivata alla Seconda guerra mondiale. Idee all’avanguardia, lavoro, la trasformazione dell’Italia contadine, l’industria illuminata che pensava ai suoi lavoratori e alle loro famiglie, sullo sfondo (ma non troppo, in realtà) un periodo turbolento che ha modificato radicalmente la società e la struttura politica e istituzionale italiana – più volte.

Alessandra Selmi, "Al di qua del fiume"
Alessandra Selmi, “Al di qua del fiume”

Un microcosmo autonomo confinato tra il fosso bergamasco, il Brembo, l’Adda: lo scenario perfetto per riprodurre in scala la vita. «Due anni di lavoro»  aggiunge la monzese che hanno fatto fibrillare il mercato editoriale: i diritti sono stati venduti per il mercato di lingua spagnola (Europa e Sudamerica), portoghese (idem), in Francia,  in Olanda. E c’è anche un’opzione su diritti su un’altro fronte: “Al di qua del fiume – Il sogno della famiglia Crespi” potrebbe diventare anche una serie televisiva. Le radici del romanzo sono doppie: sono quelle che affondano nel 1877 in cui Cristoforo Crespi dà vita al suo cotonificio all’avanguardia che contiene case per gli operai, scuola, chiesa, piscina per i lavoratori e molto altro, e poi ci sono quindici anni fa.

“Al di qua del fiume” e nonna Piera

«Il giorno in cui mia nonna Piera è andata in gita al Villaggio Crespi per una visita guidata. Al ritorno mi ha detto: “Mi è piaciuto tantissimo, con le casette tutte uguali, gli edifici, l’abbraccio del padrone. Vai, devi proprio andare”. Ma io non l’ho fatto. Almeno allora. L’ho fatto dodici anni dopo, proprio nel momento in cui cercavo un tema e non lo trovavo. Ero sconfortata. L’editore mi aveva detto “scrivi come se non avessi un posto in editoria”. E mi è tornata in mente nonna Piera. Ho visitato il Villaggio, ho fatto qualche prima ricerca sommaria.  E mi sono accorta che lì dentro c’era una storia straordinaria:  è la storia di quando siamo nati noi come oggi ci riconosciamo, immersi in un periodo storico densissimo che passa dall’Italia post unitaria ai moti, all’”invenzione” del trasformismo, il regicidio, il biennio rosso, il ventennio fascista. Quasi non credevo che non avesse già scritto qualcun altro. Ho fatto una ricerca: no. E l’editore mi ha detto “vai”». Proprio come la nonna tanti anni prima. 

«Prima dei Crespi c’erano i contadini, che  misuravano la vita con il sole. Poi c’è stato l’orologio della fabbrica che scandiva i turni. Prima c’erano i ritmi naturali, poi basta. Lì nasce la borghesia, e succede in un luogo chiuso – dove tante persone sono nate e morte senza nemmeno mai mettere un piede fuori» dall’al di qua del fiume. «Allo stesso tempo è il momento, ma parliamo di cinquant’anni, in cui si sono formati gli italiani di oggi, quelli che uscivano da un Paese arretrato per entrare nel futuro». Che nella cornice della storie abbraccia le storie di chi ci ha vissuto: amori, passioni, gelosie, successi e cadute.