Serie C, Erba e l’addio al Seregno: «Ecco perché è in vendita»

Il Seregno Calcio resta in vendita: decisione confermata, nonostante le richieste di ripensamento da parte dei tifosi. Il presidente Davide Erba spiega i motivi della scelta. Domenica sfida casalinga con la Pro Sesto.
Davide Erba
Davide Erba

«Il calcio andrà avanti anche senza di me. Tuttavia, nel complesso, non vedo una prospettiva positiva…». Lo afferma con un tono di voce convinto, che lascia poco spazio a quel passo indietro che, in questi giorni, un po’ tutti i tifosi del Seregno hanno auspicato. A una settimana dall’annuncio della sua intenzione di cedere la società, Davide Erba, presidente del Seregno calcio, sembra intenzionato a concretizzare il suo disimpegno.


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Non si sono margini per ripensamenti, quindi?
«La decisione è confermata. Sto soltanto aspettando qualcuno che mi possa subentrare, con programmi seri ed attuabili, affinché la serie C per il Seregno sia un punto di partenza e non un punto di approdo. Qualcosa si è mosso, anzi forse più di qualcosa, ma voglio vagliare bene qualsiasi candidatura, nell’interesse della società».

Il nome più accreditato come acquirente, tra quelli rimbalzati fin qui dalle cronache, sembra Roberto Felleca, già con il direttore generale Ninni Corda a Como e a Foggia. Quanto c’è di vero?
«Felleca si è fatto avanti, ma vale anche per lui ciò che ho detto in linea generale. Prima di cedere, desidero capire quale sia il piano di sviluppo che chi ambisce ad acquistare propone e quali siano le sue possibilità di attuazione. Questo per evitare il rischio che vengano vanificati gli sforzi, anche in termini di impiantistica, che ho sostenuto fin qui».

Annunciando la messa in vendita della società, lei ha parlato di Lega Pro destinata alla sparizione. Il problema della sostenibilità economica è così rilevante?

«Chi mi conosce sa quanto sia stato critico, in particolare lo scorso anno, con la gestione della serie D da parte della Lega nazionale dilettanti. Ma, nonostante questo, in serie D le cose andavano meglio rispetto alla serie C. Basti ricordare che ogni società di serie C riceve per i diritti televisivi la miseria di 11mila euro all’anno, senza considerare che, a quanto pare, i costi di produzione delle trasmissioni sono a carico della Lega Pro e pertanto dei sodalizi stessi e che c’è stata una provvigione di 400mila euro che ha accompagnato la sottoscrizione del contratto. In serie D, invece, le partecipanti potevano autoprodurre le dirette e cercare sponsor in proprio per la copertura dei costi. Aggiungo il paradosso della presenza di una realtà come Lega Servizi, di cui non si capisce bene l’utilità, che si limita all’incasso dell’oneroso affitto della sede della Lega Pro, più sfarzosa addirittura di quella della Lega di serie A, dove girano i miliardi. Nei giorni scorsi è stato approvato il suo bilancio, ma ancora nessuno sa nulla. Utilizzo il termine paradosso perché, mentre abbiamo una sede di Lega lussuosa, in una piazza con un bacino d’utenza importante come Catania la proprietà non riesce a fare fronte agli impegni economici con i suoi tesserati. E ciò deve far riflettere. A questi livelli con il calcio non si guadagna, ma nemmeno si può pensare che sia sostenibile un sistema che carica tutto sulle spalle di un unico finanziatore…».

Siamo nel giusto se diciamo che al resto hanno pensato le squalifiche?

«Mi offende essere continuamente squalificato per le mie critiche alla governance della Lega Pro, quando chi ha attentato a quanto sembra alla salute pubblica ha incassato pene inferiori alle mie. Si afferma che i presidenti sarebbero gli azionisti del sistema calcio, ma se io sono un azionista di questo sistema, non mi si può chiedere di stare zitto a fronte di quel che non va. Quanto è accaduto in queste prime undici giornate lo abbiamo visto tutti: forse solo domenica scorsa a Gorgonzola siamo usciti dal campo senza recriminazioni arbitrali e senza aver fatto i conti con un arbitraggio ostile. Ho capito sulla mia pelle che l’autoreferenzialità dell’apparato non consente voci fuori dal coro. Se lo sei, vieni accompagnato alla porta e, probabilmente, quando oltrepassi l’uscio c’è chi esulta. Mi ha fatto piacere, però, che anche qualche sito internet specializzato abbia finalmente sottolineato che gli imprenditori che se ne vanno costituiscono un pessimo segnale ed una sconfitta per tutti e che le prospettive non sono rosee».

Per concludere, a fronte del suo annuncio, il presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli, bersaglio delle sue critiche, ha comunicato che l’avrebbe contattata, per cercare di dissuaderla. Lo ha fatto?

«No, ma era immaginabile che andasse così. C’è davvero ancora qualcuno che crede a Ghirelli?».