Nel 2017 lo Skating Club Monza compie 70 anni. Questa è la sua storia, da Margherita Kullmann agli allenamenti in via Ardigò. Passando per anni di successi.
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“Questo sport del pattinaggio artistico “a rotelle”, pur non avendo la spettacolarità tutta ambientale del suo omonimo “su ghiaccio”, ha tutti i requisiti per attrarre folti pubblici e per appassionare quanti, al di sopra delle difficoltà della sua tecnica, sappiamo ammirare la grazia e la destrezza che in ogni sia esercizio può essere messa in luce”. Le “Cronache radiofoniche del C.O.N.I.” di sabato 25 settembre 1937 sdoganano il pattinaggio artistico a rotelle dalle scomode secche del mito. La pretesa favola bella degli schettini – in effetti – si scontra con l’arretratezza desolante della tradizione sportiva del Paese. Il primo campionato italiano – tenuto a Milano il 1912 – viene vinto da Alfredo Pasta e Rosa Rattoni, perfetti sconosciuti ai più: l’abilità degli atleti in gara è quanto più lontano del prestigio preteso dalla disciplina, ma questo passa il convento.
L’immane tragedia della Prima guerra mondiale cancella di colpo convinzioni e certezza. Dopo la mattanza, si ritorna a vivere stringendo la cinghia. Sciolta d’autorità la Federazione, il pattinaggio a rotelle vivacchia ripensando gli stenti splendori di una volta. Margherita Kullmann ha il pattinaggio nel suo dna. Dismessi da un pezzo i panni di pattinatrice su ghiaccio nella natìa Germania, Margherita scende a Sud e apre a Vercelli, nel 1907, uno dei primi “rink” italiani. Assecondando gli entusiasmi della gioventù d’allora, la madre di Luigino ha il merito di imporre il pattinaggio a rotelle come sport emergente in Piemonte e –a cascata – in Lombardia.
Rimanere in piedi e sfruttare l’abbrivio per caracollare è segno di coraggio e perizia. Nascono così i primi “schettinatori”, capaci di piegarsi a seggiolino ed eseguire l’angelo: ogni conquista è salutata come un piccolo capolavoro di tecnica applicata. I pattini non aiutano. Sono semplici piastre modello Brunton che si fissano alle calzature: i più non hanno neppure il freno a rimorchio. I più esigenti rimediano con posticci tacchi da uomo a bloccare l’abbrivio. Intanto, stufo di montare e smontare il suo cinema itinerante, Franz Kullmann stacca il “baraccone” e si accasa a Monza per non più ripartire.
Il primo Centrale, costruito in piazza del “verzée” sfruttando una costruzione della corte Durini, sfrutta il talento baracco del Biassoni per stupire gli astanti: indaffarata a quadrare il cerchio delle spese, Margherita accantona per qualche anno l’idea di aprire in città uno “skating”. Sacrificato il primo Centrale per la costruzione del nuovo Palazzo comunale (1922-1936), i Kullmann edificano ex novo il secondo Centrale, in piazza San Paolo. Passati i furori giovanili, Margherita – ormai “la madama del cinematografo di Monza” – consiglia al genero Ambrogio Mauri l’apertura di un analogo “rink” in città.
È l’anno 1933: dopo estenuanti trattative, la scelta di Mauri cade sulla sala multicolonnata di piazza Garibaldi. Dodici pilastri disposti su due file da sei dividono in tre navate l’immenso locale: slalomeggiando per evitare i piloni, i neofiti della disciplina imparano a governare forza e abilità e destreggiarsi con rapidità. Il boom del pattinaggio travolge convenzioni sociali e posizioni acquisite: il brivido della velocità sposato al fascino delle rotelle non ammette repliche di sorta. Monza assume di colpo alla notorietà come il “bengodi degli schettini”, tanto che – venerdì 17 febbraio, alle 21 – nasce lo Skating Hockey Club Monza.
Il presidente è Gianni Radaelli; vice-presidente Ermanno Colzani; segretario Erminio Giovenzana; tesoriere il solito Ambrogio Mauri; consiglieri Paolo Maggi, Enrico Vismara, Umberto Dossi, Italo Rivolta, Tiberio Rivolta ed Ermenegildo Colombo. Archiviata con successo la fiaccolata notturna per la Settimana di San Giovanni del ’34, l’ostinazione di Redaelli di costruire una pista di pattinaggio regolamentare è premiata con gli interessi. Il Podestà Ulisse Cattaneo costruisce ai Boschetti Reali il campo dei desideri: la concessione di uso del campo di hockey data il 5 ottobre 1935.
L’anno dopo, a Monza si svolgono i campionati italiani di pattinaggio artistico. Vincono il titolo il bolognese Odoardo Castellani e – pari merito – la napoletana Franca Grimoldi e la genovese Elide Bergamaschi. Qualche trottola eseguita ma nessun salto neppur tentato: siamo sempre e comunque all’abc della rotelle. Le “Cronache del C.O.N.I.” del ’37 è più possibilista: “L’eccellenza verrà più tardi quando si sappiano sfoggia com’è doveroso in gara, in triplice esecuzione, i diciassette esercizi di scuola, compiendoli cioè con variazioni di inizio dal piede destro al piede sinistro, in avanti e indietro”.
In compenso, i fratelli Franco ed Elsa Beretta sbancano in coppia il rettangolo di via Boccaccio: i due monzesi fanno spellare le mani agli spettatori di via Boccaccio. La Seconda guerra mondiale tronca di netto le carriere agonistiche dei fratelli Beretta. Ritornata la pace, Elsa diventa – il 20 aprile del ’47 – moglie di Luigino Kullmann; Franco si specializza con il maestro Campioli e, per trent’anni, sarà il carismatico allenatore di tantissimi atleti e di una ristrettissima cerchia di fuoriclasse (Michele Biserni, oro mondiale a Tokyo ’84; Elena Bonati, argento mondiale a Nelson ’81 e Fort Worth ’83 e ai World Games di Santa Clara ’81).
Giovedì 9 gennaio 1947, alla Taverna dei Longobardi, nasce l’Accademia Pattinaggio Artistico Margherita Kullmann. A sancire l’atto costitutivo della nuova società sono Luigi Kullmann, Neno Vertemati, Erminio Reina, Silla Meroni, Giuseppe Plodari, Alberto Redaelli, Franco ed Elsa Beretta e l’olimpionico di marcia Ugo Frigerio. Scartata la soluzione della pista di via Boccaccio, Luigino Kullmann mette a frutto l’amicizia con il figlio del presidente delle Scuole di Avviamento Commerciale di via Lecco, il professor Gaio. Il salone piastrellato battezza la nascita della pista dell’Accademia K. La società si struttura in gruppi divisi da sanissima rivalità sportiva: il Gruppo Livio contro il Gruppo Spreafico. Nell’aprile del ’49, alcuni fuoriusciti dello Sport Club Mirabello si uniscono alla nuova società e caldeggiano il cambio della ragione sociale da Accademia K a Circolo Pattinatori Monzesi: la proposta è accolta all’unanimità.
La chiusura dell’angusta sede di via Lecco getta in ambasce la dirigenza del Cpm: venuta a mancare questo fondamentale terreno di allenamento, sono anni di vacche magre per la società biancorossa, costretta a emigrare fuori Monza – Carate, Como, Lecco, Legnano e Chiasso, in Svizzera – per allenarsi al coperto. Per rilanciare l’attività rotellistica, si punta a sdoppiare la società: nel 1953 la scissione è casa fatta. Da una parte il Circolo Pattinatori Monzesi, presidenti Silla Meroni, Erminio Reina e Pierfilippo Gandini; dall’altra il Roller K Monza, con Giuseppe Plodari a reggere le sorti della nuova associazione. L’intollerabile peregrinazione del Roller K Monza finisce nel 1955. Dopo le incredibili peripezie del passato, la società ritorna ad allenarsi a Monza, in via San Gottardo. Da colonizzato a colonizzatore, il Roller K fonda società satelliti a Cusano Milanino, Sesto San Giovanni, Milano, Busto Arsizio, Legnano, Lecco e Chiasso.
Arrivano i primi successi: nel 1956, Aldo Moschini conquista il primo titolo italiano sbaragliando gli avversari nella categoria novizi. Poi scoppia il ciclone Cazzaniga. Donatella – dal 1958 al 1964 – conquista sette titoli italiani, cinque in singolo, due in coppia con il bustocco Antonio Merlo, futuro commissario tecnico della Nazionale azzurra di pattinaggio artistico. Il Roller K conquista per la prima volta il primo titolo assoluto per società. Nel maggio del ’61, il Circolo Pattinatori Monzesi e il Roller K si fondono “in una nuova società, lo Skating Club Monza, onde dare maggiore sviluppo a questo sport e nel contempo creare un più forte organismo che raccolga nel suo seno tutti gli esponenti locali del rotellismo artistico”.
La prima uscita è lunedì 29 maggio: in via Boccaccio si disputa un match amichevole tra l’Hc Monza e una selezione argentina. L’incontro finisce in partita (3 a 3, doppietta di Bosisio e gol di Bortolini): “nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo, lo Skating Club Monza e l’Accademia Bustese danno tangibile dimostrazione di quanto affasciante sia il pattinaggio artistico con una riuscitissima esibizione”. Presidente della società biancoblu è Alberto Redaelli, supportato dai vice Elena Clemencigh e Mario Iori. Per sei anni – dal ’61 al ’67 – Redaelli dispensa saggezza e tanta competenza: poi, passato a importanti incarichi di giudice unico della Fihp e delegato di zona del C.O.N.I., Redaelli lascia il comando a Kullmann. Luigino manterrà la carica ininterrottamente per 35 anni, con la stessa grinta, la stessa risolutezza e lo stesso slancio fino alla sua morte, avvenuta nel 2002 a 86 anni.
Affida alla figlia Marika una società modello, tetragona a mode e infatuazioni di dubbia reputazione. Nel 2015, il Comune di Monza firma la convenzione con lo Skating Club per la disastrata palestra di via Ardigò: aspettando i necessari lavori di riqualificazione, il sodalizio biancoblu lavora sodo per formare persone prima, campioni dopo. Oggi la Signora del pattinaggio compie settant’anni: il palmares complessivo stoppa sul nascere oziose discussioni e antipatici fraintendimenti. 104 titoli nazionali e internazionali, cinque titoli italiani di società, due Coppe Italia, quattro Trofeo Bonacossa, sei Trofeo del Ciclo Olimpico, dodici Trofei Fontana, due Trofei Masters e un Trofeo Dulack si assommano alla Stella d’oro del C.O.N.I. per disegnare una leggenda dello sport monzese (e non solo).