Chi ha fatto la storia del Calcio Monza: dal 1945 a Seedorf, Armstrong e al nuovo fallimento

Dalla rinascita dopo la Seconda guerra mondiale al fallimento del 2004 fino ad Armstrong Emery e Dennis Bingham. Chi ha fatto la storia del Calcio Monza da Lino Camagni a oggi.
Calcio, la finale tra Pisa e Monza nel 2007: l’invasione dei toscani dopo la promozione in B
Calcio, la finale tra Pisa e Monza nel 2007: l’invasione dei toscani dopo la promozione in B FOTO CAPROTTI

Luglio 1945: «Un gruppo di soci (ex poiché l’associazione non ne annoverava da anni giacché durante la presidenza Ciceri, questi aveva addirittura soppresso tale categoria), si è fatto promotore di un riunione per gettare le basi della nuova associazione».

Il Cittadino di quei tempi lontani certifica la rinascita del Calcio Monza dopo la seconda guerra mondiale. «Pochini invero i presenti, 38 in tutto, ma tutti con visi aperti, ilari, muoventisi in una atmosfera limpida e serena, fieri di poter assaporare ancora la gioia di essere liberi nell’esercitare il diritto di voto».
Gli scrutatori «annunciano un ballottaggio tra Fossati e Ponti. L’esito è favorevole al primo che è quindi designato a completare il Consiglio direttivo, che risulta così composto: Giulio Vismara, Antonio Vismara, Eugenio Redaelli, Lino Camagni, Mario Casanova, Giuseppe Fossati, Luigi Meda, Sandro Hensemberger, Carlo Villa, Achille Valli, Carlo Radice».

Il primo presidente del rinato Calcio Monza è Lino Camagni: «Compiti duri attendono il Consiglio, compiti che spaziano dal campo alla squadra, dal materiale di gioco alla sede, dallo statuto al campionato». Il presidente Camagni bussa in municipio: ci sarebbe l’area retrostante l’ex Gil, la Gioventù italiana del littorio. Il presidente e gli altri consiglieri si guardano in faccia. Quell’area ha ospitato , in precedenza, il cimitero di San Gregorio e potrebbe dunque menare gramo. C’è il rischio che diventiamo una squadra di morti, butta lì qualcuno. Più morti di così, ribatte qualcun altro. Poi, al tirar delle somme, più della superstizione può la gran voglia di calcio. Autocarri carichi delle scorie prodotte dalla combustione del carbone, la marogna, si alternano ad autocarri carichi di malgasc. Il terreno viene pareggiato e reso permeabile all’acqua piovana. Livellato e drenato come dio comanda, il campo di gioco del San Gregorio viene finalmente seminato a loglio.

Il San Gregorio è la nuova casa di gioco del Monza. Nel 1948 scocca l’ora di Giuseppe Borghi. L’uomo è un vincente nato: trasformata la sua Bbb nello stabilimento all’avanguardia per i filati di lana, Peppino ha una voglia mattissima, quella di essere il primo che porti in Serie B il suo Monza. È il primo presidente moderno nella storia biancorossa. Dopo due anni di assestamento, cambiando uomini e allenatori, ingaggia Annibale Frossi. E butta lì: ecco il mio mister ideale.

Il modulo a M del Dottor sottile detta scuola in Italia e all’estero. Domenica 4 giugno 1951, il Monza conquista la cadetteria battendo per 1 a 0 l’Omegna. Borghi molla nel 1953; al suo posto Giovanni Pastori (dal 1953 al 1955), Claudio Sala (il Monza Simmenthal che aprì la sponsorizzazione sportiva: dal 1955 al 1965), il “signor Figestim” Enzo Radaelli (dal 1966 al 1969), Aurelio Cazzaniga (dal 1969 al 1971) e Vitaliano Sala (1971/72). Nell’estate del ’72, arriva la volta di Giovanni Cappelletti, ex giocatore del Villasanta e affermato industriale. È il Monza più vincente in assoluto. Per quattro stagioni il Borussia di Brianza guidato da Fredo Magni (1976/77, 77/78, 78/79, 79/80) prova ad andare in Serie A, ma invano (spareggio a Bologna il 1° luglio 1979: Monza-Pescara 0-2). Nel 1980 Cappelletti molla i biancorossi. Tocca a Valentino Giambelli, altro ex giocatore (al Monza dal ’49 al ’52, 37 presenze e 7 reti). Giambelli ha il braccino corto ma costruisce lo stesso il gioiello di Monzello (1987) e finisce lo stadio Brianteo (1988). Giambelli è il “pres” più longevo della storia biancorossa (dal 1980 al 2000). Quando la sentenza Bosman (1995) liberalizza i trasferimenti dei giocatori, il “geometra di Omate” – copyright di Sandro Ciotti – molla al Milan dell’amico Galliani. Il padre padrone del calcio italiano trasferisce in provincia tanti atleti di poca sostanza e inarrivabile arroganza. Due campionati anonimi a centro classifica in B: poi il “dottor” Galliani si stufa del giocattolo e arrivederci. Giambelli ha solo un giocatore a contratto: Vignaroli. Vende così al cadregaro Pierino Fazzolari, uno che – bontà sua – «ha inventato il football».

Due anni di sfondoni e vergognose accondiscendenze, poi l’Einstein friulano si eclissa. Nel maggio del 2001, Massimo Belcolle e Cesare D’Evant acquistano il derelitto Monza, precipitato in Serie C1. In un anno soltanto, i due figuri portano i biancorossi nell’inferno della C2. Scomparso a gennaio 2002 l’ex presidente della Centrale del Latte di Monza, l’amministratore unico biancorosso, il napoletano D’Evant, è prontamente nominato il «signor protesto» per i tantissimi assegni scoperti. Nel maggio 2003, il sardo Priamo Atzeni cerca di acquistare (per finta) la società brianzola. Siamo ai titoli di coda: il 18 marzo 2004, il giudice Roberto Fontana sancisce il fallimento del Calcio Monza.

Dalle ceneri del vecchio Monza nasce una nuova società, il Monza Brianza 1912: il primo presidente è il bergamasco Gianbattista Begnini. La proverbiale freddezza degli industriali monzesi e brianzoli smontano il suo entusiasmo. Scornato e cornuto, il costruttore di Urgnano vende – nel 2009 – il Monza a Clarence Seedorf. L’ex centrocampista di Real, Inter, Milan e Botafogo è il padrone assoluto dei destini biancorossi. Purtroppo. Il 11 dicembre 2010, cambio in corsa: il patron diventa Luca Magnoni, quattro anni dopo carcerato a San Vittore per il crack della Sopaf. Il 3 giugno 2012 Seedorf decide che i presidenti hanno fatto il suo tempo: arriva l’a.d. Nicola Rigamonti.

Il 15 ottobre 2012, l’olandese si stufa del giocattolo e nomina Massimo Prada ammistratore unico del Calcio Monza. Stucchevoli tira e molla con l’avvocato Deborah Martin, altra figura da dimenticare in fretta. Il 12 maggio 2013 il nuovo presidente della società biancorossa diventa l’anglo-brasiliano Anthony Emery Armstrong. Amicissimo – ma va – di Seedorf.

Da qui, il resto è storia recente. Armstrong era arrivato carico di buone intenzioni e di uno-punto-quattro miliardi di euro, come disse con orgoglio nella conferenza stampa di presentazione, durante la quale aggiunse al quadretto le locuzioni “Serie A”, “Europa”, “Modello Chelsea”, degne di tutte le promesse raccontate agli investitori per convincerli a mettere migliaia e migliaia di euro nell’impresa EcoHouse, case per tutti a prezzi modici e ritorni del 20% per i finanziatori. Peccato che poi, per evitare guai, sia dovuto andare a Dubai. Cedendo prima la società come pegno per un debito al gruppo composto dall’irlandese Dennis Bingham, Morris Pagniello e Abel Balbo, spalleggiati dal vecchio direttore generale Mauro Ulizio. Costo dell’operazione: un euro. Gli ultimi iscritti alla storia sono Piero Montaquila e Paolo Di Stanislao, Il tribunale ha dichiarato il nuovo fallimento alla fine di maggio 2015.