Nella novella di Luigi Pirandello «La toccatina» arriva come un fulmine a ciel sereno: «..Mentre desinava .., Cristoforo Golisch improvvisamente stravolse gli occhi, storse la bocca quasi per uno sbadiglio mancato; e il capo gli cadde sul petto e la faccia sul piatto. Una toccatina, lieve lieve, anche a lui. Perdette lì per lì la parola e mezzo lato del corpo: il destro».
(…) «Golisch era nato in Italia, da genitori tedeschi; non era mai stato in Germania, e parlava romanesco come un romano di Roma. ..Gli amici gli avevano italianizzato anche il cognome, chiamandolo Golicci, e gl’intimi anche Golaccia, in considerazione del ventre e del formidabile appetito. Solo con la sorella egli soleva di tanto in tanto scambiare qualche parola in tedesco… Ebbene, riacquistato a stento ..l’uso della parola, Cristoforo Golisch offrì al medico un curioso fenomeno da studiare; non sapeva più parlare in italiano: parlava tedesco. Aprendo gli occhi .. pieni di paura, contraendo .. la sola guancia sinistra e aprendo .. la bocca da questo lato .. alzò la mano illesa verso il capo e balbettò, rivolto al medico: – Ih..ihr..wie ein Faustschlag… Il medico non comprese, e bisognò che la sorella, mezzo istupidita dall’improvvisa sciagura, gli facesse da interprete. Era divenuto tedesco a un tratto, Cristoforo Golisch: cioè, un altro; perché tedesco veramente, lui, non era mai stato. Soffiata via, come niente, dal suo cervello ogni memoria della lingua italiana, anzi tutta quanta l’italianità sua…».
«La toccatina» fa parte delle «Novelle per un anno» ed è stata pubblicata nel 1906. Lo scopo della raccolta era di offrire al lettore una novella al giorno e di raccontare la vita così come scorre per coglierne quell’essenza di cui la malattia e la morte sono parte integrante. Così la novella «La mosca» presenta la morte da carbonchio di un contadino contagiato da una mosca. In «La morte addosso», la malattia ha «..un nome dolcissimo.. : Epitelioma, si chiama… Pronunzii, pronunzii.. sentirà che dolcezza: epiteli-o-ma.. La morte, capisce? è passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca e m’ha detto: ‘tienilo, caro: ripasserò tra otto mesi!».
In “La toccatina”, la malattia ha l’aspetto dell’afasia del poliglotta (perdita della capacità di parlare, capire e di scrivere). Dal momento in cui Golisch diventa afasico per un ictus, perde la facoltà di parlare il suo linguaggio acquisito e, come se tutta l’esperienza della sua vita fosse cancellata, ritorna a balbettare le sillabe della lingua nativa: quel tedesco che usava ormai così poco da sembrare l’avesse dimenticato. L’afasia del poliglotta è stata descritta nel 1895, in Francia. La malattia della moglie aveva messo Pirandello a contatto diretto con la neuropsichiatria dell’epoca e lo scrittore conosceva probabilmente la regola, valida alla fine dell’800, secondo la quale i nuovi ricordi si cancellano prima dei vecchi; quindi, in caso di afasia, la nuova lingua scompare prima di quella materna.
Poco importa che ora si sappia che i poliglotti hanno disturbi simili per tutte le lingue apprese e che il miglioramento, omogeneo per ognuna di esse, è proporzionale alla conoscenza che ne avevano prima della malattia, perché il tema fondamentale di “La toccatina” non è la descrizione di una stranezza, ma piuttosto la capacità dell’uomo di affrontare la vita con tutte le risorse di cui dispone.
Prima dell’ictus, Golisch aveva reagito alla paralisi di un amico in ben altro modo: «‘Ah, si? – diceva. – Ti tocco e ti lascio? No, ah, no perdio! Io non mi riduco in quello stato! ..Mi passeggi accanto e ti diverti a vedere come mi hai conciato? a vedermi strascinare un piede? a sentirmi biascicare? .. mi fai dire oa e cao, e ridi? No, caa! .. Mi tio una pistoettata, com’è veo Dio.. Questo spasso non te lo do’. E poi quando venne la sua ora.. e ..‘Chiamava Giovannino, il nipote, Ciofaio. E il nipote – scimunito! – ne rideva… Egli non aveva punto coscienza della curiosissima impressione che faceva… ..Pareva un naufrago che si arrabattasse disperatamente per tenersi a galla, dopo essere stato tuffato e sommerso per un attimo eterno nella vita oscura.. E da quel tuffo, ecco, era balzato fuori un altro; ridivenuto bambino, a quarant’otto anni, e straniero. E contentissimo era. Sì, perché .. aveva cominciato a poter muovere appena appena il braccio e la mano. La gamba no, ancora .. Ci si provava anche adesso, ci si provava.. e, no eh? non scorgevano alcun movimento gli amici? – Tomai..tomai.. – Ma sì, domani, sicuro!».
Questo comportamento di Golisch dopo l’ictus conferma che l’effettivo tema della novella è la descrizione della capacità dell’uomo di adattarsi alle condizioni più difficili pur di evitare di affondare «nell’oscurità della vita». Non sorprende che i capolavori della letteratura possano contenere una rappresentazione così compiuta dell’uomo malato, della sua psicologia, della sua capacità di reagire o di abbandonarsi, ma questo è compito dell’arte. E solo il vero artista ha il privilegio di capire ed esprimere l’essenza della condizione umana.
Angelo Sghirlanzoni
Policlinico San Marco – Zingonia
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