Seveso, don Adriano patteggia:«L’ho fatto per i miei ragazzi»

Don Adriano patteggia la pena«L’ho fatto per i miei ragazzi»

Seveso – «Ho scelto io il patteggiamento, devo tutelare i miei ragazzi, non avrei mai voluto che arrivassero in aula per essere interrogati». Così don Adriano Colombini, sacerdote dell’Altopiano, spiega la decisione di chiudere lo scorso mercoledì 18 gennaio in tribunale a Monza la vicenda di Massimo Castello: il bimbo di sei anni residente al Villaggio Snia, morto il 24 giugno 2009 alla piscina della Porada in seguito ad annegamento durante un’uscita con l’oratorio feriale. Chiamato in causa come responsabile del folto gruppo di giovani, don Adriano ha patteggiato una pena di sei mesi di reclusione, convertita in pena pecuniaria di seimila euro. Gli altri coinvolti, il direttore dell’impianto e la bagnina presente al momento dell’incidente, sono stati rinviati a giudizio.

«La decisione è stata totalmente mia – spiega don Colombini –. L’avvocato che mi ha difeso, giovane e davvero bravo, voleva che andassimo avanti, ma dovevo necessariamente tutelare i miei ragazzi, non era nemmeno pensabile portarli in aula e vederli interrogati. La vicenda della piscina ci ha segnati tutti profondamente, nessuno di loro l’ha dimenticato, è una ferita ancora aperta. Il patteggiamento significa prendersi le colpe di tutto quanto accaduto» e così ha fatto don Adriano. Una decisione non facile, una forte presa di responsabilità, scaturita dalla sua indole, ma anche da una profonda fede. Il sacerdote ha messo così davanti a tutto i suoi ragazzi, che dopo quell’estate non sono più gli stessi e nemmeno la vita degli oratori feriali è rimasta uguale.

«Una cosa mi ha ferito profondamente – spiega don Adriano – è stata la decisione dei giornali (adottata anche dal Cittadino, ndg.) di pubblicare la notizia nei giorni precedenti all’apertura dell’oratorio feriale 2010. Certo, il giudice aveva ufficializzato che io, il direttore della piscina e la bagnina eravamo indagati, ma questo ha fatto sorgere alcuni dubbi tra i genitori. Fortunatamente non abbiamo avuto un calo nelle iscrizioni».

Il caso di Massimino ha cambiato comunque la macchina organizzativa dei centri estivi, dove in alcuni casi si è scelto di azzerare le uscite in piscina. «Negli oratori feriali lavorano giovani – spiega don Adriano – ragazzi cresciuti le domeniche nei centri giovanili, che nel periodo estivo decidono di dedicare il proprio tempo libero ai più piccoli», diverso è il caso dei centri estivi comunali, dove ci sono sì degli educatori, ma i costi lievitano e il numero dei frequentatori è inferiore rispetto agli oratori feriali.
Cristina Marzorati