L’editoriale del direttore: quando provincialismo e ideologia lottano contro la realtà (e fanno male)

Secondo alcuni esponenti dei comitati ambientalisti l’Autodromo Nazionale di Monza dovrebbe essere rimosso dal parco che lo ospita da ormai 100 anni
Cristiano Puglisi
Cristiano Puglisi

Secondo alcuni esponenti dei comitati ambientalisti l’Autodromo Nazionale monzese dovrebbe essere rimosso dal parco che lo ospita da ormai 100 anni. Non è la prima volta che una boutade di questo tipo viene proposta. La notizia non è questa, quindi. Semmai, a destare impressione è il fatto che, dopo decenni di dibattito, ancora vi sia chi paventa questa soluzione, dimostrando un’incapacità drammatica di comprendere il valore in termini di attrattività non solo per il capoluogo, ma per tutta la Brianza di un impianto che, nel mondo, ha reso celebre un centro che altrimenti (diciamolo senza problemi) sarebbe stato turisticamente irrilevante.

Che piaccia o meno, chiunque si rechi a Parigi, a Londra, a New York come a Pechino e dica di venire “da Monza” noterà sempre la stessa reazione: «Ma certo, la città del Gran premio di Formula 1!». Non “la città dei parchi”, come qualcuno vorrebbe, per quanto pregevoli siano i suoi spazi verdi. E neanche “la città delle industrie”. No: “la città del Gran premio”, teatro di imprese leggendarie e drammi sportivi.

Non capirlo o, peggio, rifiutarlo significa vivere con il paraocchi del peggior provincialismo: non quello positivo, legato all’affetto verso le proprie radici, ma quello chiuso e deteriore che, a braccetto con l’ideologia, si oppone non a un’idea, ma alla realtà.