La Ferrari ha toppato anche in Ungheria, segno evidente che la SF1000 è nata da un progetto sbagliato che i tecnici della Gestione Sportiva non sono stati capaci di correggere. Il motore che Hamilton l’anno scorso giudicava impossibile da agguantare anche in rettilineo col DRS è scomparso nel nulla, ingoiato probabilmente da un compromesso fra Maranello e la FIA, uno scambio cioè fra l’illegalità denunciata da Max Verstappen, e mai denunciata di fronte a un tribunale, sportivo o non, e una mancata squalifica con annullamento del punteggio che avrebbe portato la Ferrari a non incassare un euro di quel che ha guadagnato l’anno scorso col secondo posto nella classifica costruttori. Del resto, Mattia Binotto ha ammesso, informalmente, di non sapere se il progetto è sbagliato oppure se è sbagliata la metodologia con cui è stata realizzata la FS1000.
Il doppiaggio di Budapest ad opera della Mercedes di Lewis Hamilton ha portato alla luce certi sussurri che vorrebbero, ho letto sul quotidiano “Libero”, al suo posto Nicholas Todt, quarantatreenne figlio del presidente della FIA e manager di Charles Leclerc. Il quotidiano lo indica come l’uomo adatto a guidare la rinascita della Ferrari, “proprio come accaduto con il padre, che dal 1993 ha avviato una rivoluzione che ha reso la scuderia di Maranello una super potenza della Formula 1”. Che Nicholas Todt possa essere paragonato al padre sembra una bestemmia motoristica.
Jean Todt ha guidato per anni il team Peugeot portandolo alle vittorie mondiale nei rally, nelle Parigi-Dakar, nelle 24 ore di Le Mans. Nicholas Todt ha sempre fatto il manager di piloti. Se il vertice della Ferrari pensa di poter sostituire Binotto con lui sarebbe evidente lo scopo di ingraziarsi il padre e commetterebbe un errore madornale perché trattasi di personaggio assolutamente privo di esperienza diretta nel comando di un team che partecipa a corse automobilistiche.
Perché il primo male della Ferrari non sta nel Team Principal ma nell’organizzazione del team che dev’essere verticale e non orizzontale. Se Binotto non ha avuto la possibilità economica di scegliersi gli uomini dovunque abbia voluto ma ha dovuto farlo con quelli che erano in casa, ebbene la colpa del fallimento non è sua ma di chi lo ha obbligato a questa soluzione. Binotto è un fior di ingegnere motoristico, ha resistito alle lusinghe Mercedes dello scorso ottobre ed è rimasto a Maranello. Ma, forse, non ha avuto quel che chiedeva.
Ora, io ritengo che sia giunta l’ora di mettere la Ferrari in mano a un Ferrari, cioè a Piero figlio del Fondatore. Piero ha già avuto un’esperienza come team principal, anni fa. E forse non ha più voglia, a 75 anni, di ripeterla. Ma la presidenza della Ferrari ha l’obbligo di chiederglielo, concedendogli però anche carta bianca per quel che riguarda la scelta degli uomini e dei migliori fornitori di componentistica. Piero Ferrari ha carisma, può essere per il team l’uomo giusto che conosce tutti gli uomini di Maranello e conosce anche l’uomo giusto al quale dare le chiavi della direzione tecnica pagandolo il giusto per strapparlo a chi gli sta dando lo stipendio: Ross Brawn. Ross è l’uomo che rifece la squadra Ferrari sotto la direzione di Todt, conosce i tecnici migliori del Circus, conosce l’ambiente di Maranello, ritengo non avrebbe problemi a convivere con Piero Ferrari, sarebbe l’uomo adatto a contrastare l’avversione, più volte manifestata, della FIA nei confronti del team modenese. Guadagna come una star televisiva, ma la presidenza Ferrari non dovrebbe avere problemi a ingaggiarlo, pagandolo di più, visto quel che ha speso per ingaggiare Cristiano Ronaldo e portarlo alla Juventus. Ma anche Ross, che è direttore generale e responsabile sportivo del progetto formula 1 di Liberty Media, avrà voglia di tornare in pista sia pure per un progetto straordinario?