Devo dire che in tanti anni di militanza in formula 1 come giornalista non avevo mai visto quel che è successo nel GP di Russia vinto da Hamilton davanti a Bottas e a Charles Leclerc. Non avevo, in effetti, mai visto una scuderia, in questo caso la Ferrari, lanciata verso la seconda clamorosa doppietta della stagione dopo Singapore perdere non solo la doppietta ma anche la gara di Sochi. Come? Semplicemente con un colpo di disaffidabilità del motore di Sebastian Vettel che, tornato in pista dopo il cambio gomme dietro a Leclerc, era costretto al ritiro col motore improvvisamente ammutolito appoggiando la sua Ferrari a bordo protezioni. Cosicché i due della Mercedes, che erano partiti con gomma media, si sono ritrovati favoriti dalla conseguente virtual safety car che obbliga una velocità inferiore del 40 per cento circa alla velocità massima possibile: Hamilton è andato in testa, seguito da Bottas, mentre Leclerc, rientrato nuovamente a cambiare le gomme medie con le soft, non ha più avuto chances.
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Si pongono alcuni interrogativi.
Il primo. Vettel in gara era molto più veloce di Leclerc, con una partenza lampo che lo ha portato dalla terza alla prima posizione. In questa fase abbiamo visto Leclerc non accennare a difesa segno che non si aspettava la manovra del tedesco compagno di squadra: possibile che ci fosse un ordine di scuderia a favore del monegasco?
Il secondo. Vettel in gara era più veloce di Leclerc, spingeva in continuazione come a voler dimostrare che il risultato della qualifica non era veritiero e che lui era sempre un quadricampione del mondo. Può aver esagerato mettendo a rischio, e poi rompendo, qualche componente?
Il terzo. Perché Vettel ha appoggiato la macchina a due curve dall’ingresso invece di imboccare la corsia dei box, cosa che avrebbe evitato la virtual safety car lasciando una sicura vittoria a Leclerc?
A questi interrogativi, piuttosto maligni io do una risposta globale. Penso che Vettel abbia avuto il guaio che ha avuto solo per carenza di affidabilità di qualche componente della sua power unit. Andando al limite, e magari anche un po’ di più. Vettel ha sostenuto, e gli si può dar credito, di non aver proseguito fino alla pit lane per evitare che si rompesse anche qualcosa del motore termico cosa che gli avrebbe comportato, nel prossimo GP del Giappone, una qualche penalità.
Tuttavia, sono anche convinto che nella gestione dei propri piloti la Ferrari debba fare più chiarezza. Leclerc è di certo più veloce e “affamato” di Vettel, quindi è su di lui che la Ferrari deve puntare. Mattia Binotto ha quindi il compito di mettere le cose in chiaro e di fare rispettare le decisioni del team. Sebastian Vettel, che mal subisce la velocità di Leclerc, percepisce un ingaggio di 40 milioni di euro, contro i 3,5 biennali del monegasco, deve quindi fare quel che la scuderia decide e accettare il responso del cronometro: per esempio, chi è più veloce in qualifica ha diritto alla primogenitura in corsa, l’altro si deve adeguare. Punto.
Detto questo, occorre anche aggiungere che la fortuna non ha mai abbandonato Hamilton in tutta la sua carriera, dal debutto con una delle migliori macchine a oggi che insidia il primato di 91 vittorie di Michael Schumacher. Enzo Ferrari sosteneva che un pilota vincente deve essere anche fortunato. E aveva pienamente ragione.