L’intervista: «La vita per la danza»

L’intervista: «La vita per la danza»

Monza – “Nel giugno 1981, al mio primo saggio, assaporo il gusto del palcoscenico al teatro Manzoni di Monza. Ho dedicato tutta la mia vita alla danza. Disciplina, allenamenti e duro lavoro mi hanno permesso di inseguire e realizzare il mio sogno più grande: diventare prima ballerina. Dopo diciotto anni da ballerina professionista, pieni di spettacoli, successi, viaggi e fantastiche esperienze, decido di cambiare vita e di calcare la scena per l’ultima volta, proprio al teatro Manzoni della mia città”. Monica Perego ha preso la sua decisione. La definisce una scelta di vita. Si è sposata da poco, lo scorso 6 settembre.
“Ho proprio voglia di stare a casa con la mia famiglia – dice – ho passato tanti anni da ‘girovaga’. Non è una rinuncia totale: mi dedico all’insegnamento della danza. Ho già iniziato questa mia attività presso l’associazione Aida di Milano, una scuola parallela alla Scala. Adesso sono impegnata due volte la settimana, dopo il 20 novembre, il giorno fissato per il mio Galà di addio, terrò lezioni tutti i giorni. Seguirò gli allievi del 5° e 6° anno di corso e potrò trasferire su di loro la mia esperienza di questi anni.
Rimpianti?
“Assolutamente no. Posso dire di essere molto fortunata di quello che sono riuscita a fare. Quando arrivi a ballare in Giappone con Roberto Bolle nel Galà di addio di Alessandra Ferri, e con il cast di ballerini migliori al mondo, ti senti davvero realizzata”.
Vogliamo ricordare i momenti più belli della tua carriera?
“Il primo, indimenticabile, ancora da ‘incosciente’, quando da sola, a sedici anni, ho preso l’aereo per Londra. All’aeroporto i miei genitori erano in lacrime, mentre io non vedevo l’ora di iniziare le lezioni alla Royal Ballet School, pur conoscendo poco l’inglese. Poi mi viene in mente il maggio del ’97: il direttore dell’English National Ballet mi chiama nel suo ufficio e mi comunica che lui e il suo staff hanno deciso di nominarmi prima ballerina. Avevo 23 anni. Il mio pensiero va quindi ai dieci anni passati nella compagnia londinese che è stata la mia seconda casa. Facevamo duecento spettacoli all’anno e cinque mesi di tournée, una volta all’anno all’estero. Ho ballato in Messico, Brasile, Argentina, Grecia, Cina, Giappone, Corea, Australia, Spagna ed in tante altre nazioni. Infine la mia decisione di rientrare nel 2002 in Italia. Sette anni da libera professionista mi hanno permesso di fare nuove esperienze e di mantenere rapporti con i maggiori teatri internazionali. In Italia ho fatto quattro stagioni con il Balletto di Roma accanto a Raffaele Paganini, mi sono esibita con Roberto Bolle al Massimo di Palermo, agli Arcimboldi di Milano, al Nuovo di Torino, al Regio di Parma, al San Carlo di Napoli”.
Oggi qual è la situazione della danza in Italia?
“Direi piuttosto critica, come lo è quella del teatro. Però, se c’è passione, vale la pena continuare. La danza classica è molto selettiva, ma se una persona riesce ad arrivare ad un certo livello, è un lavoro magico. Se c’è passione il lavoro si trova. Certo bisogna essere fisicamente predisposti, avere testa, disciplina, costanza e volontà”.
Modesto Panizza