La vitrectomiamini – invasiva

Negli ultimi anni tutta la chirurgia, anche quella oculistica, ha cercato di affinare le tecniche per renderle sempre meno traumatizzanti per il paziente permettendo un migliore decorso post-operatorio e un recupero più rapido.
La vitrectomiamini – invasiva

Negli ultimi anni tutta la chirurgia ha cercato di affinare le tecniche per renderle sempre meno traumatizzanti per il paziente permettendo un migliore decorso post-operatorio e un recupero più rapido. Anche l’oculistica ha perseguito questi obiettivi: nella chirurgia della cataratta ha permesso incisioni sempre più piccole con l’inserimento di lentine intraoculari prepiegate e quindi un recupero anatomico e funzionale più rapido (utilizzando l’anestesia topica corneale con i colliri, quale metodica più standardizzata).

Anche nell’ambito della chirurgia del segmento posteriore, cioè quella che interessa le strutture dietro il cristallino, si sono fatti passi da gigante con l’introduzione di strumentazioni chirurgiche di calibro ridotto. Il vitreo rappresenta uno dei principali tessuti connettivi del corpo umano: è una struttura trasparente, semisolida, “gelatinosa” che occupa l’interno del bulbo oculare, a diretto contatto anteriormente con il cristallino e posteriormente con la retina; come consistenza è simile all’albume dell’uovo, denso e filante e tende ad aderire ai tessuti con cui viene a contatto. Il gel vitreale, per le caratteristiche fisiche (alta percentuale di acqua e proteine), rappresenta una delicata rete che conferisce trasparenza, omogeneicità ed elasticità.

La vitrectomia, cioè l’asportazione chirurgica del vitreo, è la procedura di elezione nelle patologie vitreo-retiniche. Si effettua: in molte forme di distacco di retina in cui la contrazione del corpo vitreo è alla base del distacco stesso; nelle endoftalmiti (infezioni endo–oculari) in cui il vitreo può costituire un vero e proprio terreno di coltura per germi e parassiti; in tutte le patologie dell’interfacie vitreo-retinica (fori maculari, pucker maculari….) atto chirurgico che precede la chirurgia retinica; negli eventi proliferativi (nella patologia diabetica) ed emorragici da trazione vitreale; nelle forme traumatiche contusive e/o penetranti (con corpi estranei endobulbari); nelle forme iatrogene (lussazione di frammenti di cristallino), infiammatorie (uveiti) o vascolari. Negli ultimi anni le tecniche chirurgiche si sono evolute aprendo nuovi orizzonti: la chirurgia vitreo-retinica ci permette di affrontare tutte le patologie che interessano il segmento posteriore dell’occhio; è una recente acquisizione della terapia in ambito oculistico.

La Vitrectomia consiste nell’asportare parte o tutto il corpo vitreo attraverso 3 piccole brecce sclerali (sclerotomie) eseguite a circa 4 mm dal margine della cornea. L’intervento viene eseguito mediante 3 microsonde: – una per infondere liquidi a pressione costante predeterminata – una per illuminare il campo operatorio – una per aspirare il vitreo. Questa ha un meccanismo di taglio a ghigliottina che permette di rimuovere il gel vitreale senza dare trazioni alla retina. Le sonde sono collegate ad una apparecchiatura, unità di chirurgia vitreoretinica, che fornisce la luce di illuminazione, la pressione di infusione dei fluidi, controlla il livello di vuoto della aspirazione e comanda la velocità di taglio del vitrectomo, produce luce laser per la fotocoagulazione della retina. L’intervento viene eseguito al microscopio operatorio. Attraverso una delle stomie si possono inserire strumenti di vario genere come microforbici, micropinze, diatermia per la coagulazione dei vasi, sonde laser per la fotocoagulazione retinica, sonde per aspirare o iniettare fluidi all’interno dell’occhio. Il vitreo asportato viene sostituito con BSS (soluzione salina bilanciata) che ha una composizione simile all’umor acqueo e quindi non è tossica per le strutture endo oculari. A fine intervento, quando indicato, si possono iniettare in camera vitrea altri sostituti vitreali, come miscele di aria e gas.

LE INDICAZIONI ALLA CHIRURGIA VITREALE MININVASIVA SONO: • chirurgia pediatrica • membrane epiretiniche maculari • foro maculare • edema maculare diabetico trazionale • corpi mobili vitreali in casi selezionati quando molto invalidanti • trazioni maculari • intorbidamenti secondari del vitreo L’approccio ab – interno delle strutture oculari era consentito fino a qualche anno fa a strumenti di calibro 20 G (gauge) (0.9 mm) che richiedevano l’apertura della congiuntiva; oggi è permesso mediante calibri di 23 G (0.72 mm) e addirittura 25 G (0.5 mm) utilizzando un accesso trancongiuntivale.

Questo approccio mini invasivo chirurgico permette nel decorso post-operatorio una minore reattività algica e quindi un migliore confort per il paziente. A ciò si associa la possibilità di utilizzare dei taglienti automatizzati per la rimozione del gel vitreale patologico permettendo un n° di tagli oltre i 3000 tagli/minuto e garantendo così una maggiore precisione chirurgica con minori complicanze trazionali per la retina. Lo sviluppo di strumentari dello stesso calibro che passano attraverso delle guide per ridurre al minimo il traumatismo chirurgico nella loro introduzione all’interno dell’occhio associato all’utilizzo di fonti luminose dedicate che riducono la fototossicità per la struttura retinica hanno permesso di trattare in maniera soddisfacente patologie complesse. Soprattutto le patologie che interessano la zona nobile della retina, cioè la macula deputata alla visione distinta, possono essere operate in sicurezza. Oltre alla chirurgia pediatrica che trova essenziale l’uso di questi calibri strumentali ridotti (25 G) nella sua esecuzione, anche il trattamento chirurgico per la rimozione di membrane patologiche che si formano al davanti della zona della visione distinta (la macula) trova una delle indicazioni principali per l’utilizzo della chirurgia mini invasiva.

In questi casi (sindrome dell’interfacie vitreo-retinica, pucker maculari, edemi secondari a membrane epiretiniche) mediante questo tipo di tecnica si può rimuovere membrane che, pur avendo uno spessore di pochi µ, determinano dei danni di tipo trazionale spesso importanti. E’ difficile da un punto di vista funzionale prevedere e quantificare il recupero di questi pazienti perché mediato dalla durata della persistenza della membrana e dal danno retinico che può essere transitorio o definitivo. Generalmente la valutazione funzionale definitiva va fatta a distanza di 4 mesi dall’atto chirurgico, sempre supportata dall’analisi oggettiva delle strutture retiniche che può essere fatta tramite strumentazioni laser sofisticate (quali l’OCT).

Anche il foro maculare trova la sua indicazione principe nell’utilizzo della chirurgia mininvasiva: in questo caso la patologia è determinata da un progressivo assottigliamento della zona deputata alla visione distinta (macula) che progressivamente nelle forme idiopatiche senili va incontro a processi di atrofizzazione con la formazione di una soluzione di continuo vera e propria: quindi propriamente un foro con assenza di tessuto su cui i bordi si possono verificare fenomeni di retrazione con il conseguente sollevamento dei bordi stessi e della retina circostante. In questo caso lo scopo della chirurgia è quello di liberare i bordi del foro della macula da ogni trazione e permettere quindi il completo riaccollamento, pur nell’impossibilità di poter restituire la retina dove questa non vi è più a causa dell’evento patologico.

L’atto chirurgico, in questa situazione, permette al paziente di poter utilizzare parte dei sistemi sensoriali (fotorecettori – coni) rimasti sul bordo del foro maculare stesso e nei casi più favorevoli, qualora il foro sia leggermente decentrato rispetto alla zona centrale maculare, ottenere un recupero funzionale.

VANTAGGI DI UN SISTEMA PER VITRECTOMIA MINI-INVASIVA • progressiva riduzione del calibro degli strumenti e quindi del diametro degli accessi • creazione di accessi sclerali autochiudenti che nella maggior parte dei casi non necessitano di sutura • mantenere l’efficienza operatoria • affrettare il recupero post-operatorio • ridurre il discomfort del paziente.

Gli Ospedali Riuniti di Bergamo che sempre si sono caratterizzati per l’avanguardia delle tecnologie in ambito chirurgico, utilizzano già da anni questo tipo di approccio chirurgico mantenendo un aggiornamento costante dei macchinari dedicati alla chirurgia oculare mini invasiva.

Stefano Zenoni
Direttore dell’Unità operativa di Oculistica
Ospedali Riuniti di Bergamo