Uno alzava il sopracciglio accompagnando lo sguardo con un mezzo sorriso enigmatico, l’altro con gli occhi sgranati, i piercing e i capelli improbabilmente rasati con due creste laterali spesso colorate urlava una energia tra il punk e l’elettronica con una spruzzata di horror. Così diversi, Luke Perry e Keith Flint, così vicini nell’identificare un decennio: gli anni ’90 per molti sono stati Beverly Hills 90210, la serie generazionale trasmessa fino al 2000 e di cui proprio in questi giorni era stata annunciata una reunion; per altri sono stati la potenza di una musica esplosa dai rave party in cui i Prodigy si erano conosciuti e avvicinati. Una potenza tale da mischiare generi – techno, elettronica, funk, hip hop, ragamuffin – e da finire sotto l’etichetta del “big beat” (con Chemical Brothers e Fatboy Slim, tra gli altri) che dalla Gran Bretagna si irradierà in mezza Europa, Italia compresa.
Luke Perry e Keith Flint sono morti il 4 marzo 2019, un colpo in faccia per molti 40-50enni di oggi: Perry, il bel Dylan McKay con la giacca di pelle , la maglietta bianca e la motocicletta, stroncato a 52 anni dall’ictus che l’aveva colpito cinque giorni prima. Non solo Dylan, in carriera un film con Besson (ma anche Vacanze di Natale 95 per dire quanto era noto con quella faccia alla James Dean) e il recente Riverdale, ma per sempre Dylan; Flint, 49 anni, trovato senza vita nella sua casa in Inghilterra: morte non sospetta secondo la polizia, gesto volontario secondo quanto scritto sui social da un compagno di band. Fine. Così diversi, così pop e punk, così icone a modo loro degli anni ’90.
PRODIGY – FIRESTARTER
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