Il giorno e la notte, la luce e le tenebre, un susseguirsi ciclico di abitudini, comportamenti, riti. Hanno ispirato storie e leggende, nutrito culti e filosofie, continuano a delineare vite contrapposte in numerose specie animali, uomo compreso, puntuali e indifferenti al tempo e alle condizioni.
Il cervello sembra programmato fin dalla nascita a percepirne la differenza e a sviluppare questa speciale facoltà conoscitiva: distinguere l’alba dal tramonto. All’Università di Chicago, un gruppo di ricercatori coordinati da Brian Prendergast, professore associato di Psicologia, ha diffuso una luce nuova sui meccanismi correlati alla plasticità cerebrale, mostrandone la totale estraneità nella genesi di alcuni comportamenti basilari.
«I risultati ottenuti dimostrano, per la prima volta, che la capacità di coordinare i ritmi circadiani in risposta ai cambiamenti quotidiani dettati dall’esposizione alla luce non è soggetta alla plasticità neuronale, ovvero è indipendente dai mutamenti di intensità luminosa ricevuti dal cervello durante lo sviluppo», ha spiegato August Kampf-Lassin, primo autore della pubblicazione apparsa su PLoS One.
Negli istanti successivi alla nascita, immediatamente dopo l’apertura degli occhi e prima di essere esposti alla luce, i ricercatori hanno applicato agli animali da esperimento una lente a contatto opaca, in grado di bloccare completamente l’ingresso della luce in un occhio. La deprivazione monoculare, attuata mantenendo un occhio chiuso e uno aperto, è un test efficace per valutare il ruolo della plasticità cerebrale dipendente dall’esperienza nello sviluppo e nel mantenimento della via sensoriale che trasmette gli impulsi visivi all’orologio circadiano, di cui il ciclo luce-buio rappresenta il ritmo principale. Gli animali sono cresciuti attraverso cicli di luce-buio, sebbene avessero a disposizione soltanto un occhio per inviare le informazioni al cervello.
Una volta raggiunta l’età adulta, la lente è stata rimossa ed è stata valutata la funzionalità dell’occhio mantenuto al buio per diverse settimane. I risultati hanno evidenziato che l’occlusione monoculare è sufficiente a rendere l’occhio incapace di vedere forme e colori e di percepire il movimento, tuttavia non altera la capacità di mantenere i movimenti circadiani nell’arco delle 24 ore e l’abilità di risincronizzare le risposte in funzioni delle variazioni di luce, come accade durante la variazione di fuso orario.
In altre parole, l’esposizione alla luce non è necessaria per lo sviluppo dell’orologio interno: la sincronia tra cervello e ritmo circadiano giorno-notte è una caratteristica innata, che l’occlusione monoculare non scalfisce. Prova ne sono anche i risultati relativi alla densità delle fibre nervose e all’espressione dei geni coinvolti nella trasmissione del segnale luminoso dalla retina all’orologio circadiano, entrambe inalterate nell’occhio rimasto al buio.
L’orologio circadiano è localizzato nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo e coordina i ritmi fisiologici e comportamentali tra il centro e la periferia. Oltre al ciclo sonno-veglia, l’orologio interno regola la temperatura corporea, i livelli plasmatici di corticosterone e l’attività locomotoria correlata. Lo stimolo luminoso viene trasmesso direttamente dalla retina al nucleo soprachiasmatico attraverso il tratto retino-ipotalamico, costituito dalle fibre nervose delle cellule gangliari, una via sensoriale distinta dalla via retino-talamo-corticale, che arriva alla corteccia visiva primaria passando per il talamo.
Le fibre nervose dirette al nucleo soprachiasmatico vengono stimolate da diversi livelli di illuminazione, che innescano la periodicità dei ritmi circadiani. Al contrario, le fibre nervose dirette alla corteccia visiva trasmettono gli stimoli relativi ai colori, alle forme e al movimento, ma non forniscono una percezione adeguata delle variazioni di luminosità. I due sistemi sono quindi indipendenti anatomicamente e funzionalmente.
Il sistema visivo primario si sviluppa secondo i canoni della plasticità sinaptica dipendenti dall’esperienza, analogamente ad altri circuiti sensoriali, quali la corteccia somatosensoriale e la corteccia uditiva: la deprivazione degli stimoli sensoriali durante lo sviluppo post natale provoca la perdita della funzionalità dei circuiti corticali.
Lo studio di Kampf-Lassin dimostra che, al contrario di un’immagine, i ritmi circadiani sono scanditi nel nostro cervello fin dalla nascita, indipendentemente dall’esperienza che governa la plasticità sinaptica durante lo svilippo post natale, ovvero dagli stimoli luminosi ricevuti durante la crescita. «È interessante osservare come alcuni aspetti comportamentali siano depositati in una sorta di hardisk e si sviluppino in età adulta anche in assenza di stimoli ambientali», ha osservato Prendergast.
Marina Ferrario