F1, Morosini in pista: sulla tomba di Ayrton Senna con tutto il Brasile

VIDEO - Ayrton Senna riposa nel cimitero di Morumbi a San Paolo. Quanti lo visitano per andare a trovare il pilota? “Tanti, milioni. Tutto il Brasile. E anche di più”, aveva risposto un guardiano a Nestore Morosini. Un ricordo alla vigilia del Gp a Interlagos.
Monza la Mostra fotografica su Ayrton Senna con immagini di Ercole Colombo e testi di Giorgio Terruzzi ospitata all’autodromo
Monza la Mostra fotografica su Ayrton Senna con immagini di Ercole Colombo e testi di Giorgio Terruzzi ospitata all’autodromo Fabrizio Radaelli

Tanti anni fa, andai a trovare Ayrton Senna che riposava nel cimitero paulista del Morumbi. Fu un’esperienza straordinaria, che mi insegnò molto sull’amore e sul rispetto dei brasiliani per il grande pilota.

Non fu difficile trovare la tomba di Senna: in cima a una collinetta sventolava la bandiera gialloverde, simbolo del Brasile, attaccata a una canna lunga e sottile, che si piegava alla brezza, piantata vicino alla targa di rame che reca il numero “0011”, il numero della pace di Ayrton Senna.


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Mille splendidi fiori, molti dei quali gialli come il colore del casco, che nel momento supremo non riuscì a difenderlo, circondano l’albero che sorge vicino alla tomba del grande campione scomparso il primo maggio 1994, durante il Gran Premio di San Marino sul circuito di Imola.

Attaccata con la colla al tronco dell’albero, la foto della Williams numero 2 con a bordo il fuoriclasse Ayrton. Un bellissimo binomio, che strideva con la dolorosa realtà di un camposanto e di un ammasso di rottami in mano ai giudici di Imola.

“Nessuno mi può separare dall’amore di Dio”, c’era scritto sulla targa ramata sulla tomba del tre volte campione del mondo.
Torna allora, vivissimo, un ricordo con Ayrton, vestito in tuta grigia su un aereo che rientrava dall’Australia. Discutevamo di Dio, lui lo faceva con quella sua fede inattaccabile. Una fede che molti non comprendevano, non riuscendo in nessun modo ad accettare quel suo misticismo che faceva a pugni con la sua natura di pilota aggressivo, di grande combattente della pista. E così lo deridevano.

Vicino a Senna, col numero 0012, riposa un bambino, Marcelo De Aroujo Contier: è morto, a soli due anni, il 29 luglio 1989, lo stesso giorno in cui Ayrton Senna conquistò la pole position nel Gran Premio di Germania, corsa che il pilota brasiliano vinse il giorno dopo.

“Vuoi farmi un’intervista? Aspetta due minuti e poi parliamo”: mi tornò in mente quella voce, un italiano quasi perfetto ma con l’inconfondibile inflessione portoghese. E quella risata quando Senna disse per la prima volta nella sua carriera: “Magari domani vinco”.

Erano i tempi in cui Ayrton, ancora acerbo, si divertiva a fare il compagnone, a fermarsi a ogni capannello di giornalisti per ascoltare se si parlasse di lui. Firmava autografi a ripetizione, senza tirarsi mai indietro, cercando anzi il pretesto per diventare popolare fra i tifosi. Fatto, questo, che gli procurò anche una certa antipatia fra i colleghi. Non era ancora il campione del mondo, avrebbe scoperto più tardi quanto sarebbe diventata dura la popolarità in Formula 1.

Nell’85, in Portogallo, conquistò la prima delle sue innumerevoli pole position. E vinse anche la corsa. I ricordi volavano, sulla collina verdissima, mentre la bandiera si agitava a scatti, sotto la brezza. Una decina di persone camminavano lievemente sull’erba.

Due giovani, abbracciati, pregavano in silenzio. Lei piangeva, lui cercava di consolarla: le lacrime scivolavano sulle spalle. Era un contrasto irreale, che faceva male, fra la pace che si avvertiva davanti a quella tomba e la guerra che, in quei tempi, si combatteva in tribunale a Imola per stabilire chi avesse la colpa dell’incidente.

Mi fermai a pensare se fosse stato possibile trovare una causa, una qualunque causa diversa dalla passione e dal destino, che avesse portato Ayrton all’ultimo traguardo. E mi domandai quale vita stesse vivendo quel meccanico che gli aveva saldato lo sterzo maledetto. Potrà mai confessare, magari solo a se stesso, di aver commesso il tragico errore che ha causato la morte di Senna?

Nel finale della propria vita, Ayrton era diventato scorbutico, nervoso, sopportava malamente di doversi concedere ai media, alla popolarità. Cercava spazi diversi: gli aerei, le barche, il mare del suo Brasile. Una foto piccola, sull’albero, sotto due rose gialle. Ayrton sembra avere un’espressione trascendente. Sotto il suo viso, in tedesco, una frase di Lord Byron: “Tu vivi una vita eterna e non sarai mai meno di quello che sei stato”.

Al cimitero di Morumbi si poteva entrare in auto, fuori qualche chiosco vendeva fiori. All’interno, un gruppo di agenti vegliava sulla serenità dei morti e dei vivi. Quanta gente viene a pregare sulla tomba di Ayrton?, chiesi a un guardiano. “Tanti”. Ma quanti? “Milioni”. Ma quanti milioni? “Tutto il Brasile. E anche di più”.

VIDEO: IL MITO DI AYRTON SENNA

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