Sono stato a Pieve del Cairo, una sera dei giorni scorsi, per ricordare, insieme a Ivan Capelli e Bruno Giacomelli, il team manager della March Leyton House Cesare Gariboldi, da noi tutti chiamato familiarmente Cesarino, scomparso trent’anni fa in seguito a un incidente stradale. Gariboldi è stato più manager amico di Capelli con il quale ha diviso il debutto del pilota milanese (ed ex presidente dell’Automobile Club Milano) in tutte le formule automobilistiche fino alla F1 con la March.
LEGGI I commenti di Morosini in pista
Giacomelli ha invece ricordato, al pubblico che gremiva la sala dell’ex teatro Soms, il suo debutto nella formula 3 inglese quando, con un furgone che trasportava una monoposto, partirono da Brescia e arrivarono a Donington per la prima gara. Capelli e Giacomelli hanno ricordato il loro rapporto con Cesarino raccontando una serie di aneddoti molto divertenti dal pubblico, dal quale sono usciti anche amici e meccanici che con Gariboldi aveva lavorato in gioventù. Alcune testimonianze sono state toccanti al punto che i parenti del Cesarino si sono asciugati più volte le lacrime. Mentre io, che ho vissuto con lui un rapporto amichevolmente professionale da giornalista del Corriere della Sera inviato alle corse di F1, ho ricordato un’intervista che mi rilasciò tanti anni fa in cui mi pronosticava una grande carriera per un giovane italiano, appunto Ivan Capelli.
Dagli aneddoti dei due piloti è emersa anche una verità che i concittadini di Gariboldi conoscevano già: e cioè che Cesarino era un grande meccanico, uno che sapeva riconoscere i problemi di una monoposto soltanto vedendola girare. Poi l’uditorio è stato allietato dai numerosi aneddoti sulla formula 1. Capelli ha ricordato quando alla Leyton House, il progettista Adrian Newey aveva curato talmente l’aerodinamica da fare una scocca molto stretta nella quale Ivan non risciva ad entrare se non con mille difficoltà. Con quella monoposto, Capelli arrivò secondo nel GP di Francia 1990 dietro Prost dopo aver guidato la corsa fino a qualche giro dalla fine, costretto poi a rallentare per problemi alla vettura.
Giacomelli ha invece ricordato un episodio accaduto quando era pilota dell’Alfa Romeo: stava andando sulla Giulietta Turbodelta dell’ingegner Chiti, responsabile della squadra, guidata da Vittorio Brambilla che, parlando con il tecnico, si distraeva continuamente girandosi verso destra. Fino a che non tamponò una vettura che lo precedeva per poi finire nel fosso che fiancheggiava la strada. Una serata eccezionale, insomma, per ricordare un tecnico eccezionale.