Dieta e acne:occhio al peso

Dieta e acne:occhio al peso

L’acne è una malattia che colpisce l’adolescente e il giovane. Considerata in passato solo un problema estetico, è attualmente ritenuta in grado di provocare problemi psichici ed emozionali uguali o superiori a quelli di altre malattie croniche invalidanti, come l’epilessia, l’asma, ecc.

La sua incidenza non è ben conosciuta, in quanto varia a seconda dei lavori considerati: per alcuni essa sarebbe vicina al 90-100% della popolazione giovanile, per altri inferiore. Dai 10 ai 18 anni viene comunque registrato un suo progressivo aumento, mentre tende a diminuire dopo i 20 anni. In genere inizia alla pubertà, con prevalenza negli adolescenti del 70-87 % e compare più tardivamente nei soggetti di sesso maschile (12 anni) rispetto a quelli di sesso femminile (11 anni).

Negli adulti di età superiore a 25 anni la prevalenza di forme cliniche di una certa rilevanza è stata documentata nel 12 % delle donne e nel 3% degli uomini. La malattia è frequentemente associata a una anamnesi familiare positiva (fino a circa il 40% dei soggetti) ; per quanto riguarda l’interessamento delle varie razze, i caucasici sembrano essere più colpiti rispetto agli americani di pelle nera , mentre gli orientali ne sono meno affetti.

I fattori che agiscono sull’unità pilo-sebacea nel favorire l’insorgenza del micro-comedone, lesione dell’acne e quindi delle varie alterazioni cliniche, sono diversi e non tutti ancora conosciuti; tra di essi vanno in primis ricordati i fattori ormonali, seguiti da quelli infettivi, dietetici, psicologici e ambientali (esposizione solare, ecc.). Se consideriamo i fattori dietetici, dobbiamo rimarcare che fino a qualche anno fà vi era una povertà di evidenze per un’associazione tra dieta ed acne.

In una revisione di 250 trials condotti negli ultimi 50 anni, si &egrave evidenziato un solo studio controllato in cui si menzionava la dieta, per cui la correlazione tra la stessa e la malattia rimaneva ancora nel gruppo di quelle problematiche indicate come miti. I due studi più frequentemente citati in letteratura per confutare un effetto della dieta sulla patologia rivelano dei seri difetti nelle metodiche adottate simili a molti altri studi storici.

Diversi sono stati gli alimenti riportati come peggiorativi, ma dal punto di vista clinico con il loro consumo non si sono evidenziati aggravamenti dell’obiettività. Il problema ha avuto un nuovo interesse 5 anni fà circa, con la pubblicazione di uno studio condotto in tribù primitive della Papua Nuova Guinea e del Paraguay che seguono un’ alimentazione strettamente vegetariana, nelle quali non vi è evidenza di acne, ma la sviluppano se passano ad un regime alimentare “moderno”, per cui si concludeva che la dieta è determinante nel favorire il manifestarsi o no della malattia, che veniva chiamata malattia delle popolazioni civilizzate.

In effetti la stimolazione ormonale da parte di Androgeni e simili, della proliferazione dei cheratinociti e dell’apoptosi dei corneociti può essere influenzata in modo significativo da parte della dieta. Questi due fattori sono alla base della formazione del microcomedone, come abbiamo già detto la lesione dell’acne, favorita dall’occlusione del dotto pilosebaceo da parte dei corneociti derivati dai cheratinociti basali che presentano anche una maggiore capacit&agrave di aderire l’uno all’altro per cui non si separano come nel normale processo di desquamazione.

A questo meccanismo si associa anche una proliferazione dei corneociti dello strato basale della pelle che aumentano il processo di occlusione dell’ostio follicolare. Incuriositi dai dati contrastanti riportati in letteratura, di rientro da un congresso dove si era sottolineata l’assenza per l’Italia di sperimentazioni su queste problematiche alimentari, abbiamo deciso di organizzare uno studio caso-controllo sui fattori dietetici e l’acne nei nostri giovani in collaborazione con la rete dei centri GISED (Gruppo Studi Epidemiologici in Dermatologia), diffusa in vari centri ospedalieri e universitari italiani, diretta dal dottor Luigi Naldi, con sede presso la Fondazione Ospedale Maggiore degli Ospedali Riuniti di Bergamo, che aveva avuto tra i fondatori circa 25 anni fa il prof. Tullio Cainelli, già primario del reparto di Dermatologia presso lo stesso ospedale.

L’indagine è durata un anno e ci ha permesso di raccogliere 500 fra persone sane e portatori di acne, focalizzandosi su adolescenti e giovani adulti di età inferiore a 24 anni. Il peso maggiore nel favorire l’insorgenza della malattia è risultato averlo l’ereditarietà, per cui se i genitori hanno avuto l’acne, la probabilità che il figlio sviluppi una forma grave è più che triplicata, mentre il fumo sembra non accentuare il problema.

Ma i dati più interessanti che abbiamo ottenuto riguardano lo stile di vita: essere sovrappeso od obesi, ad esempio, si associa a un grado di acne più grave, per cui la malattia si manifesta con molte papulo-pustole e cisti, e ciò dipende dal fatto che il tessuto adiposo libera sostanze che favoriscono l’infiammazione della pelle; quindi dobbiamo dire che è utile ridurre gli eventuali chili di troppo.

Un altro fattore importante è ridurre la quota di latte che si introduce giornalmente, in quanto abbiamo visto che bere più di tre porzioni alla settimana di questo alimento, in particolare di quello scremato, aumenta di circa l’80% il rischio di avere un’acne moderata-grave. Altri alimenti, come il pesce, riducono invece del 30% la probabilità di avere l’acne. Ma perché il latte scremato gioca questo fattore peggiorativo?

Perché alcune sostanze in esso contenute, come la alfa-lattoalbumina, hanno un’azione simile agli androgeni, che come abbiamo già visto facilitano l’insorgenza della malattia, e altre, come la somatomedina, inducono la produzione di sebo. L’eliminare dal latte la quota lipidica aumenta la quota relativa di proteine presenti, a parità di quantità, e questo rende il latte scremato più “pericoloso”.

Contemporaneamente viene aumentata la quantità relativa di zuccheri, che a loro volta favoriscono la produzione di somatomedina. All’opposto, i grassi buoni, gli omega 3 e 6, contenuti nel pesce avrebbero un’azione contraria, aiutando a riequilibrare i fattori infiammatori. Altri alimenti, da sempre demonizzati, come il cioccolato o i fritti, non sembrano avere effetti negativi.

Il dato interessante di questi risultati evidenziati dalla nostra ricerca è che confermano il ruolo peggiorativo esercitato dal latte scremato che era già stato evidenziato su una popolazione di giovani donne americane di 4 anni fà, per cui dobbiamo concludere che la dieta ha un suo ben preciso ruolo nel favorire l’acne, malattia dei paesi occidentali sedentari e sovrappeso.

Con questo bisogna consigliare “prudenza” nel dare consigli dietetici, senza demonizzare alcuni alimenti, per non spaventare un ragazzo già sofferente per la sua malattia e che spesso si sente angustiato nel dover seguire terapie che richiedono ancora oggi dei tempi lunghi, anche se ci possono dare dei buoni miglioramenti clinici.

Anna Di Landro
Specialista Dermatologia GISED Fondazione Ospedale Maggiore Ospedali Riuniti Bergamo