Creme idratanti, anti-rughe, anti-borse, anti-occhiaie, nutrienti, protettive, decongestionanti, snellenti, rassodanti: se si pensa alle allergie, era senza dubbio molto meglio quando si usavano acqua e sapone. Roba da nonne, si dirà, ma l’avvertimento in realtà è scientifico: l’aumento delle reazioni allergiche a livello cutaneo è in gran parte dovuto all’uso eccessivo di prodotti cosmetici, trucco compreso.
«L’incremento progressivo delle dermatiti da contatto allergico e da contatto irritante è stato piuttosto costante negli ultimi anni: oggi abbiamo numeri più o meno stabili, ma di certo vent’anni fa non si osservavano così tanti casi. Diciamo che il modo di vivere attuale, l’inquinamento e il concetto di igiene personale hanno modificato le reazioni immunologiche del nostro organismo. E a manifestare maggiori allergie sono le donne – evidenzia Lorenzo Marchesi, direttore dell’Unità di Dermatologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo –. L’invito, da medico, è quello di non eccedere con l’uso di creme e prodotti da applicare sulla pelle, sin dalla prima infanzia. Così come l’eccessiva igiene, contrariamente a quanto si può credere, è dannosa per la pelle. Lo stesso vale per l’uso smodato e a volte superfluo di creme solari protettive: in molte situazioni sarebbe sufficiente stare sotto l’ombrellone o coprirsi un po’ di più e soprattutto limitare l’esposizione al sole. Si deve ricordare che la pelle è l’organo maggiormente colpito dai fenomeni allergici, in assoluto. Così come vanno anche limitati gli stessi test per individuare eventuali allergie: possono aumentare il rischio di reazioni dermatologiche e andrebbero prescritti ed eseguiti solo dopo un’analisi specialistica di ogni singolo caso».
E nella Bergamasca, è un boom di test allergici, almeno per quelli inerenti le reazioni cutanee. Qualche cifra? Nel 2010 sono stati applicati 41.696 apteni (ovvero le sostanze con potenziale allergico messe a contatto della pelle in serie con «cerotti» per verificare l’allergia a una determinata sostanza), su circa 1.000 persone sottoposte a questi specifici test, che si chiamano patch (cerotto, appunto, in inglese) test. La quasi totalità di tali test è risultata positiva per qualche sostanza e i soggetti erano in gran parte donne. «Le allergie più diffuse? Quelle al nichel, al cromo, al cobalto, ai profumi, ai conservanti dei cosmetici: penso all’abitudine di utilizzare orecchini di metalli non nobili, alla moda del “piercing” e del tatuaggio transitorio, per esempio. Ma anche le dermatiti da creme cosmetiche di vario tipo, persino in età giovanissima – continua Lorenzo Marchesi –. L’invito che faccio sempre alle donne, da mamme e mogli, è di pensare soprattutto alla salute: preferire l’acqua e il sapone e non abusare con detergenti di tipo diverso».
Gli altri test per reazioni allergiche di tipo dermatologico riguardano, per esempio, anche gli alimenti e altre sostanze che possono dare disturbi cutanei (conservanti e coloranti alimentari, pollini, piante, polveri). In tali casi, in Dermatologia ai Riuniti, si eseguono i prick-test, ovvero viene messa a contatto della pelle dopo una puntura una piccolissima quantità della sostanza che si sospetta all’origine dell’allergia: sia nel 2009 sia nel 2010 sono stati fatti in media 250 prick-test.
Sia i prick sia i patch-test sono effettuati in regime ambulatoriale. «Discorso a parte, invece, è per i test che riguardano sospette allergie ai farmaci o agli anestestici locali – continua Lorenzo Marchesi –. Per quanto riguarda le prove per sospetta allergia agli anestetici pratichiamo il prick-test e poi il test intradermico, seguito per ultimo da somministrazione di piccoli quantitativi del farmaco, in regime di day hospital: il test si esegue per due anestetici soltanto, la Lidocaina e la Mepivacaina. Nel 2010 li abbiamo effettuati su 50 soggetti che sono risultati tutti negativi; infatti la percentuale di positività per tali test è bassissima».
«Ci differenziamo invece da altri Centri regionali per quanto riguarda i test di tolleranza ai farmaci. Noi pratichiamo il test per 4 antibiotici, 4 antinfiammatori e antidolorifici, 2 cortisonici, 1 ansiolitico: mentre altrove si opta per un regime di day hospital, noi pratichiamo il test con somministrazione in regime di ricovero ordinario – continua Marchesi –. Riteniamo infatti, e in questo c’è accordo con l’Asl, che, seppure la letteratura scientifica parli di reazioni entro le prime ore dall’assunzione del farmaco, sia meglio prolungare l’osservazione del paziente per l’intera giornata, onde evitare il rischio di eventi allergici ritardati e perdere così tempo prezioso in caso di necessità di soccorso urgente. Questo tipo di test nel 2010 è stato effettuato su 120 persone».
In totale, quindi, l’anno scorso sono state almeno 1.420 le persone che si sono sottoposte a vari tipi di test allergologici in Dermatologia, dai farmaci ai preparati cosmetici, fino agli alimenti: «Un numero che non è indifferente – conclude Marchesi –. Un segnale ulteriore sul fatto che tutte le allergie, rispetto agli ultimi dieci, vent’anni sono in aumento. Ma la corsa a verificare un’allergia non deve diventare una “moda”: è opportuno sottoporsi ai test solo dopo una visita specialistica dermatologica. La reazione della cute a una sostanza può avere molte e svariate spiegazioni, non si faccia delle allergie una “medaglia” distintiva».