Si avvicina il 25 novembre, data prescelta per la “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”: momento di riflessione che, soprattutto nel nostro territorio, reduce dall’orribile omicidio di Senago della scorsa estate, sarà certamente e giustamente sentito. Allo stesso tempo, però, tocca notare, una volta di più, come non poche iniziative realizzate per l’occasione trasudino troppo spesso un’insopportabile retorica ideologica (oggi purtroppo prevalente), in base alla quale tutte le donne, o quasi, sarebbero potenziali vittime dei propri uomini (tutti, per contro, potenziali assassini o violenti).
Il riflesso di questa narrazione stereotipata (ma, tocca ribadirlo, culturalmente egemone) della realtà lo si vede nell’immensa mole di denunce di casi di presunte violenze che, in Italia, finiscono archiviate (non raramente strumentali in caso di separazioni non consensuali). Segno, forse, che la convinzione di poter fare leva su un sentimento largamente condiviso può anche facilitare azioni con obiettivi non troppo cristallini…
La politica ha le sue colpe, avendo sovente utilizzato questo tema più con finalità propagandistiche che con consapevolezza dei dati oggettivi. Servirebbe, però, maggiore responsabilità: che si stia scavando un solco tra uomini e donne, in una società già fortemente atomizzata, è più di una semplice sensazione.