A fine luglio 1961, il 24, Piero Manzoni realizza a Milano due Linee rispettivamente di mille e di millecentoquaranta metri, da racchiudere come la “Linea lunga 7200 metri di Herning” in contenitori metallici; le presenterà il 23 ottobre 1961 al “XII Premio Lissone” al Palazzo del Mobile di Lissone, in cui è accomunato a Bonalumi, Castellani e Dada Maino sotto la denominazione Gruppo Milano 61.
Nel catalogo del XII Premio Lissone (29 ottobre- 26 novembre 1961), il mio mentore Giulio Carlo Argan aveva scritto che “non si vuole laureare gli anziani né promuovere i giovani: lo scopo dichiarato del Premio è di mettere a confronto le tendenze che rappresentano un contributo oggettivo alla problematica della pittura attuale”. Parole chiare ed emblematiche di come si stesse muovendo l’arte contemporanea. Il Premio Lissone o premio di pittura, prese vita su iniziativa di alcuni artisti (Famiglia artistica lissonese) ed imprenditori locali nel 1946, inizialmente riservato ad artisti italiani e, successivamente, dal 1952 aperto anche ad artisti stranieri.
Piero Manzoni e i primi anni Sessanta
Tra i critici invitati a far parte della giuria vi sono stati Giulio Carlo Argan, Raffaele De Grada, Will Grohmann, Giuseppe Marchiori, Franz Roh, Marco Valsecchi e Christian Zervos. Approfondiamo maggiormente. È bene sapere che la prima esposizione di “Merda d’artista” di Piero Manzoni è, il 12 agosto 1961, alla collettiva “In villeggiatura da Pescetto” ad Albisola, la seconda in una personale milanese, in settembre 1961, nella galleria di Luca Scacchi Gracco. La personale “Kunstnerlort Levende Kunstværk” da Køpcke a Copenaghen presenta il 18 ottobre 1961 “Merda d’artista” e “Sculture viventi”. Da Copenaghen Piero Manzoni passò nuovamente a Herning, dove realizzò il celebre “Socle du monde”, una base in metallo, con il titolo dell’opera rovesciato, sulla quale è poggiato l’intero globo terrestre designato come opera d’arte.
Sperimentava inoltre “Achromes” in fibra artificiale e realizzava una scultura sferica con pelo bianco di coniglio e un parallelepipedo di paglia e caolino poggianti su basi in legno bruciato. Espone ancora in alcune collettive, “Avantgarde 61” allo Städtisches Museum di Trier, il 7 ottobre1961, al Prisma il 21 novembre 1961, “Exposition Dato 1961” alla Galerie Dato di Francoforte il 1° dicembre 1961 e, nello stesso mese, in “Zero” alla Galerie A di Arnhem. Ebbene, il capitolo delle “linee” di Piero Manzoni, cui appartiene la stessa opera che l’artista presentò al Premio Lissone nel 1961, va fatto risalire al 18 agosto 1959 quando appunto le presentò in anteprima, chiuse in cilindri di cartone, con un’etichetta manoscritta applicata che ne dichiarava la lunghezza e ne certificava l’autorialità; di queste, per tale presentazione battesimale, ne presentava una srotolata con tutti i suoi 19, 93 metri.
Piero Manzoni e il Premio Lissone numero 22
Dunque le “Linee”, compresa quella presentata al fatidico XXII Premio Lissone, erano presentate e proposte nei loro contenitori sigillati, ed è bene sapere che aprendo questi contenitori l’opera andava irrimediabilmente perduta, giacchè bisognava invece mantenerle propria l’aura, l’imprimatur dell’artista, con la garanzia della firma e della certificazione. E dunque era opportuno accettarle così com’erano. Ha scritto Manzoni in “Libera Dimensione”: “La linea si sviluppa solo in lunghezza, corre all’infinito: l’unica dimensione è il tempo”. E mentre Lucio Fontana nel febbraio 1959 presentava alla Galleria del Naviglio le “attese” vale a dire i primi tagli, Manzoni si portava verso un poverismo estremo, minimalista, con quell’arte inserita in un cilindro.
Tracciava con un tampone imbevuto d’inchiostro linee di varia lunghezza su rotoli di carta. Atto semplice, banale, ma poetico e metafisico, perché -mentre Fontana ci parlava di spazio- quelle linee si misuravano sul tempo e sull’infinito. Oltre a quella lunga 19 metri e 93, ne fece un’altra di 33 metri, e un’altra di 63 metri. Manzoni in quel 1959 ne creò ben 68, 6 nel 1960. Ne mise in piedi lunghe anche fino a 7 chilometri e duecento. La prima gliela comprò Gualtieri di San Lazzaro e poi esposta in una galleria parigina, la seconda un collezionista anonimo, la terza un entusiasta Lucio Fontana. Disse Manzoni: “È questa la prima serie di linee di grande lunghezza, di cui lascerò esemplare in ognuna delle principali città del mondo (ogni linea dopo l’esecuzione verrà chiusa in una speciale cassa d’acciaio inossidabile, rigorosamente sigillata, nel cui interno verrà praticato il vuoto pneumatico) fino a che la somma totale delle lunghezze delle linee di questa serie non avrà raggiunto la lunghezza della circonferenza terrestre”.
Piero Manzoni al Parco di Monza e la linea tra alberi
Il progetto naufragò, anche se una studentessa di Brera e amica di Manzoni, Coca Frigerio, ha ricordato che “una mattina trascinò lei e altri amici al Parco di Monza munito di lunghi rotoli di carta. Doveva essere primavera, probabilmente del ’59, perché c’era la fioritura dell’aglio selvatico… Noi stavamo in mezzo al prato a fumare, mentre Piero srotolava la striscia tra gli alberi. Ogni tanto la fermava con un pezzetto di scotch. Tutti stavano a guardare. La lasciò lì almeno una notte. Quando tornò scoprì che qualche vandalo gliela aveva strappata. S’arrabbiò.”
E quando Manzoni morì improvvisamente d’infarto il 6 febbraio 1963 a nemmeno trent’anni, il geniale artista Lucio Fontana in un’intervista radiofonica al Gazzettino Padano disse: “La scoperta più importante -direi eccezionale- di Piero Manzoni è la linea: che io ritengo una innovazione artistica di portata internazionale… Io ho la ferma convinzione che la Linea di Manzoni ha segnato un punto fondamentale nella storia dell’arte contemporanea”.
Piero Manzoni e gli artisti del Premio Lissone
Nelle “Presenze” al Premio Lissone vengono prese in considerazione le edizioni succedutesi dal 1952 al 1967, quando il Premio venne rilevato dall’amministrazione comunale di Lissone e che, grazie al fervoroso contributo di Guido Le Noci, assunse una notorietà di livello internazionale. La sezione dei “Valori rappresentativi” del 1961 (dedicata ai Maestri che avevano segnato e continuato il tracciato storico-estetico della pittura) si converte qui nelle Presenze allora definite “significative”, ossia in una riconvocazione degli artisti che all’epoca concorrevano ai premi in denaro. Tra questi c’è anche chi come Poliakoff (che si era aggiudicato un secondo premio nel 1955) o Luigi Boille (insignito di un Premio per la Giovane Pittura Internazionale nel 1961) sono incorsi in disguidi tecnici che hanno vanificato la riscossione delle somme in denaro, inficiando altresì la cessione delle loro opere nel patrimonio lissonese.
La collezione storica del Mac vanta opere e nomi illustri, e sotto l’egida di Guido Le Noci, il Premio Lissone aveva osteggiato senza mezzi termini la figurazione, dando preminenza a idiomi aniconici, che vanno dall’astrazione geometrica di Magnelli a quella polimaterica di Prampolini, dalla Nuova Secessione di Santomaso allo Spazialismo di Crippa, dall’Informale segnico di Noël all’Arte cinetica e programmata di Varisco e Biasi, con al loro fianco Munari, via via fino alle diverse problematiche tecnico-espressive di Geiger, Dewasne, Turcato, Aricò, Gaul, Sugaï, Eielson e Gastini. Nelle Proposte troviamo invece alcune occasioni “mancate”, come nel caso di Agnetti, che pur essendo stato sodale di Manzoni, Bonalumi, Castellani e Dadamaino non espose con il loro estemporaneo “Gruppo Milano 61” in occasione del XII Premio Lissone.
Diversamente, nel 1965 il collega Maurizio Calvesi caldeggiò la partecipazione di Ceroli, che non era stato da lui segnalato in precedenza «perché credevo facesse solo sculture (ma fa invece anche tavole colorate a parete, molto belle)», la tardiva richiesta non venne però accolta e Ceroli non fu mai annoverato tra le fila dei partecipanti. E dunque la Linea di Piero Manzoni, infinita e planetaria, presentata nella XII edizione del Premio Lissone nel 1961, insieme alle opere del “Gruppo Milano ‘61” con Bonalumi, Castellani e Dadamaino, hanno reso Lissone e il suo Premio un faro prestigioso, la cui luce s’è sparsa in tutto il mondo.