Nelle stesse ore in cui molti italiani assistevano rapiti alla prima serata del Festival di Sanremo, evento ormai da qualche tempo privo di originalità artistica ma traboccante di retorica pelosa, altrove andava in scena uno spettacolo assai più drammatico: quello dei soccorsi dopo il devastante terremoto che ha colpito Turchia e Siria. Un Paese, quest’ultimo, martoriato da una lunghissima guerra civile avallata nei fatti da quelle stesse potenze democratiche che oggi si esibiscono in accorati appelli contro l’invasione russa dell’Ucraina e che è destinato a soffrire enormemente le conseguenze del cataclisma, in virtù delle pesanti sanzioni occidentali (volute dagli Stati Uniti e, come sempre, adottate a ruota dall’Unione Europea) in vigore da 12 anni e che ora rischiano di impedire il necessario afflusso di aiuti umanitari.
Una tragedia nella tragedia, questa, che sul palco dell’Ariston, dove pure si straparla di tutto, è stata vergognosamente ignorata. Bene ha fatto, allora, la Comunità di Sant’Egidio, che in una nota ha chiesto la sospensione del regime sanzionatorio nei confronti del Governo di Damasco. È una richiesta alla quale ogni persona dotata di un minimo di carità cristiana non può che aderire. E, sfruttando questo piccolo spazio di libera espressione che mi è concesso, mi permetto di farlo anche io.