I fatti, come accade in ogni procedimento giudiziario che si rispetti, andranno sicuramente chiariti in aula, di fronte a magistrati e avvocati. Tuttavia, il trattamento riservato a Ilaria Salis, l’insegnante 39enne monzese accusata di tentato omicidio colposo in Ungheria per l’aggressione a due militanti di destra nel corso di una manifestazione, non è passato inosservato. Quelle catene ai polsi e alle gambe, che molta impressione hanno generato alle nostre latitudini, stanno facendo ancora discutere. Ma non solo loro.
Perché, tra i trascorsi della donna il cui caso rischia di compromettere le buone relazioni diplomatiche tra Roma e Budapest, non mancano vicende controverse. Vicina al centro sociale abusivo FOA Boccaccio, che tanti grattacapi negli anni ha procurato alle amministrazioni comunali monzesi, fu processata per il violento assalto di un gruppo di facinorosi a un gazebo della Lega nel 2017, risultando poi assolta. Il Carroccio, con una nota stampa, ha voluto ricordare quell’episodio. Il legale di Ilaria, Eugenio Losco, ha risposto per le rime ribadendone, appunto, l’assoluzione. Martire o colpevole, quindi? A sancirlo, a dispetto di chi magari crede che le sentenze si decidano sui social, sarà un giudice. Come è corretto che sia. Noi, da italiani (e brianzoli) le auguriamo soltanto di tornare a casa.