Luisa Rossi è stata una significativa artista del Secondo Novecento, che ho avuto modo di conoscere negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso quando insegnava al liceo artistico statale Boccioni di Milano in piazzale Arduino in Zona Fiera; aveva la cattedra di pittura ed era fra una miriade di artisti-colleghi di chiara fama, ad iniziare dal preside Italo Antico scultore, eppoi Irma Blank, Fiorella Iori, Marisa Settembrini, Lucia Pescador, Gaetano Grillo, Luciano Bocchioli, e altri ancora.
Luisa Rossi per anni è stata una docente esemplare, attiva non solo sul fronte scolastico ma anche nel campo artistico, specie con la sua iscrizione all’Ucai, ovvero all’Unione Cattolici Artisti Italiani, avendo sempre partecipato non solo alle mostre collettive a Milano, in Lombardia e nell’Italia intera, specie a Roma, ma ha disseminato le sue opere anche a carattere sacro, e non solo, specie in Lombardia e in Brianza. Nella chiesetta dell’oratorio di Casatenovo c’è una sua stupenda Via Crucis, un’opera magistrale di Luisa Rossi che racconta la Passione di Cristo con una fede artistica non comune, immette la dimensione del dolore nella forma e nelle forme delle figure ritagliate quasi a mò di vetrata, composizioni che vivono nei segni e nelle parti assemblate; evocano il dolore, la sofferenza, le ferite come segno estetico della Passione. Nell’immaginario cristiano, un percorso che va dalla flagellazione fino alla piaga nel costato di Gesù.
L’arte sacra di Luisa Rossi e la chiesina di Casatenovo
Ricordo quando fui presente anni fa nell’affollatissima chiesina dell’oratorio di Casatenovo in Brianza; presente insieme ad altri per aver voluto assistere alla Lectio Magistralis tenuta dall’illustre collega professor Carlo Pirovano, per saperne di più sulle opere d’arte che arricchiscono proprio quel luogo sacro, all’interno di una serata promossa dalla Comunità Pastorale Maria Regina di Tutti i Santi, dall’Associazione Sentieri e Cascine, dall’Oratorio di San Giorgio e dalla Pro Loco di Casatenovo.
Una relazione che aveva titolo “Un tesoro ricco e prezioso” quello ospitato all’interno della chiesina, già oggetto di una presentazione curata da Giuseppe Mariani nell’ambito della 19esima edizione della manifestazione Sentierando in Brianza, e questa volta al centro di un ampio approfondimento artistico, ampiamente giustificato dal numero e qualità delle opere presenti. Tutto ciò è stato merito di quel formidabile uomo e sacerdote don Fermo Mantegazza, un vero e proprio appassionato di arte e un’istituzione a Casatenovo, avendo servito la parrocchia e la comunità dei fedeli per circa 40 anni; la piccola e -direi famosa- chiesina si è infatti arricchita, tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘70, dei dipinti di artisti quali Trento Longaretti, Salvatore Fiume, e Luisa Rossi e delle sculture di Virginio Cimignaghi.
L’arte sacra di Luisa Rossi e le parole di Carlo Pirovano
Come ben disse il collega studioso Carlo Pirovano, il sacerdote diede particolare attenzione alla scelta delle decorazioni della chiesina che, ospitata all’interno dell’oratorio, era frequentata principalmente da bambini e ragazzi: proprio a loro, con le opere d’arte, don Fermo Mantegazza intendeva rivolgersi, aiutandoli e guidandoli nella strada della catechesi. Dopo un ampio excursus sulla storia dell’arte, per arrivare allo stile più moderno, del Novecento, Pirovano ebbe modo di spiegare che “era fondamentale, con queste opere, trasmettere in maniera più semplice e diretta le storie, i messaggi e i segnali che si volevano trasferire. Pensiamo ad esempio alle sculture del Ciminaghi, che sono realistiche, forti e non astratte. L’indicazione, all’artista, era stata quella di scegliere soggetti che facessero parte della cultura, della tradizione popolare del territorio, casatese e lombarda in generale: quindi, due santi molto amati, San Luigi e San Giorgio”.
Longaretti, invece, realizzò i quadri policromi che rappresentano “La cacciata dal Paradiso Terrestre”, “L’annunciazione”, “L’Ultima Cena” e il “Cristo risorto”. Salvatore Fiume, invece, è stato l’autore del bellissimo olio su tela raffigurante Ponzio Pilato che si lava le mani consegnando Gesù Cristo al popolo.
La Via Crucis di Luisa Rossi
Infine la “Via Crucis” di Luisa Rossi, capolavoro di espressiva bellezza, umanità e sacralità; un’opera multipla così ricca di immagini devozionali e pratiche religiose profondamente radicate nella cultura e nell’iconografia lombarda e brianzola. I colori e le forme morbide -al tempo stesso tanto concrete- tipici dell’opera di Luisa Rossi vengono però in questa serie attraversate da uno sconvolgimento in cui dolore e tragedia si mescolano, esaltando il linguaggio figurativo che caratterizza l’artista lombarda; formelle pregne della pietas per portare il visitatore a riflettere sulla poesia, il dramma e la potenza rappresentati della Passione di Cristo.
Ho trovato la sua Via Crucis in linea per bellezza con altre Via Crucis messe in atto da artisti contemporanei, penso alla Passione di Cristo che è un ciclo di opere realizzate da Fernando Botero tra il 2010 e il 2011; penso alla monumentale Via Crucis, detta “bianca”, per il suo smalto lunare, di Lucio Fontana, proveniente dalla cappella dell’istituto Le Carline, votato all’assistenza delle ragazze sole, questo capolavoro fragile cristallizza il movimento e il pathos nelle figure che zampillano dalla superficie di terra, “allude alla forma perfetta del divino” ha detto padre Andrea Dall’Asta, direttore della Galleria San Fedele e del Museo che la conserva nella cripta della chiesa. E ancora rammento un’altra Via Crucis milanese, dove la commozione è affidata a un racconto fotografico struggente; siamo nella chiesa di San Bartolomeo a Milano dove l’artista albanese Adrian Paci ha firmato 14 stazioni in bilico fra la misura aurea del Rinascimento e il ritmo cinematografico di Pasolini.
La narrazione di Luisa Rossi nella Via Crucis
La narrazione affonda in una ambientazione umile e scarna, dai toni metallici; sullo sfondo di un magazzino, fra ponteggi, casse e muri scrostasti, Cristo si muove come un uomo del nostro tempo; incontra la Madre, Veronica, il Cireno, tanto che Adrian Paci coinvolge il fedele chiamato a partecipare all’esperienza di solitudine e abbandono di un emarginato, e il pubblico entra nelle diverse tappe con un trasporto teatrale. Torniamo alla Via Crucis di Luisa Rossi, si mostra come una Via Crucis universale, insomma. Quanto mai attuale in tempi di migrazioni, sradicamenti e confini sbarrati. Nel sacro poi Luisa Rossi ha dipinto Madonne bellissime, ne custodisco una gelosamente, un olio su tela 30×40 che ricevetti in dono per il Natale negli anni Ottanta, l’ho nella mia casa proprio a lato del mio letto; una Madonna avvolgente, carica di una sacralità, dove gli stessi colori e gli stessi toni amati dall’artista si adeguano alle invocazioni che ne hanno motivato l’esecuzione, pastosa, temporale, declinato a un chiarismo che non aveva mai abbandonato il lavoro pittorico della Rossi, quel chiarismo verso la quale ebbe un trasporto di scelta e di ammirazione, un chiarismo di scuola qual è fu quello degli anni Trenta e un chiarismo di moralità inseguito e amato come non mai.
Mi conforta oggi ricordare come quel discorso che fece a suo tempo il professor Carlo Pirovano per le opere collocate nella chiesetta dell’oratorio di Casatenovo sia stato sostegno significativo per opere di arte contemporanea legate al sacro e che attestano l’operosità di artisti di chiara fama -oggi scomparsi- e sottolineato il lavoro esemplare di Luisa Rossi che sceglieva la Brianza per lavorare e dipingere in pace e serenità.
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Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.