La “lunetta” di Nanni Valentini in mostra alla GAM di Torino

Fino al 10 settembre alla Gam di Torino la mostra “Viaggio al termine della statuaria”: c'è la "lunetta" di Valentini.

Mi sono imbattuto nella  storica  mostra che la  Gam – Galleria d’Arte Moderna di Torino presenta con il titolo di “Viaggio al termine della statuaria”a cura dell’attuale direttore Riccardo Passoni.  E soprattutto, in questa mostra è una certificata presenza la figura e la scultura di Nanni Valentini (Sant’Angelo in Vado, 1932; Vimercate, 1985),  che per ben  sedici anni è stato insegnante all’Istituto Statale d’Arte di Monza, ovvero dal 1969 al 1985, istituto – oggi Liceo Artistico “Nanni Valentini” a lui intitolato nel 2015.

La “lunetta” di Nanni Valentini in mostra alla GAM di Torino: chi era

D’altronde in quegli anni  la scuola offriva a Nanni Valentini  tutto quello che cercava da anni, ovvero  stabilità economica e fisica; colleghi che pur insegnanti erano in primo luogo artisti; la possibilità di trasmettere le proprie conoscenze ad altri e di riceverne a sua volta dagli studenti; la possibilità di sperimentare continuamente senza la pressione di dover arrivare ad un’esibizione finale. Nella mostra torinese sono presenti una cinquantina di opere di quaranta artisti selezionati tra i più significativi operanti in Italia a partire dagli anni Quaranta fino agli anni Ottanta del Novecento. Le opere provengono dalla stessa collezione della Gam, dalla Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris e dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.

La “lunetta” di Nanni Valentini in mostra alla GAM di Torino: fino al 10 settembre

La mostra aperta fino al 10 settembre 2023 è particolarmente interessante per almeno due significative ragioni. La prima è che colma una lacuna, perché  raramente, infatti, viene dato spazio autonomo alla scultura e a quello che è stato l’itinerario artistico e concettuale che questa specifica forma di espressione artistica ha attraversato nel corso dei decenni;  la seconda ragione invece ha a che fare proprio con la riflessione che il “Viaggio al termine della statuaria”, come recita il titolo, può spaziare sulla storia dell’arte contemporanea in Italia, in un periodo  poi così denso di avvenimenti e intenso nella ricerca come fu quello che muove  dal dopoguerra alla fine degli anni Ottanta. Valentini ha scelto di lavorare con l’argilla, che è insieme sostanza e luogo, identificando in essa il materiale della memoria. Utilizzando questo materiale, ha trovato la capacità di rispondere, con un ciclo di distruzione e creazione, al bisogno che i segni appaiano e si dissolcano, per rinascere in qualsiasi momento. L’artista, che aveva un’insolita capacità di esprimersi attraverso la scrittura, ha descritto così le origini e le ragioni della sua arte: “La tecnica materica ed espressiva che ho privilegiato è quella della ceramica, nello specifico della terracotta. Come la pietra lega la torre al suo ambiente, diventando essa stessa manifestazione e ritmo del sito, così anche il mio obiettivo è che l’argilla diventi una traccia e manifestazione di un continuum”.

La “lunetta” di Nanni Valentini in mostra alla GAM di Torino: il percorso espositivo

Il percorso espositivo della mostra alla Gam prende, così, le mosse da un’opera sostanzialmente tradizionale, si tratta del Ritratto di Eva di Edoardo Rubino, e lo sguardo di una donna pare fissarci attraverso il marmo indicandoci con gli occhi le opere successive. Da qui la mostra si snoda in ordine cronologico, tra le opere di Umberto Mastroianni, Fausto Melotti, con le sue donnine in ceramica, Ettore Colla, Marino MariniLucio Fontana, con il suo “concetto spaziale”, e dei grandi maestri dell’Arte Povera, come Giovanni Anselmo, Gilberto Zorio, Giuseppe Penone e una sorta di torre spiraliforme in cartone di Alighiero Boetti. Si arriva, quindi, alla raggiera di specchi di Michelangelo Pistoletto del 1973-1976, passando per la grande campana di Luigi Mainolfi con il suo rosso vivo, fino ai lavori di Giuseppe Spagnulo, di Nanni Valentini e di Paolo Icaro. Un’attenzione particolare è da rivolgere all’installazione scultorea di Nanda Vigo, dal titolo Exoteric gate, anch’essa del 1976. Il lavoro occupa lo spazio espositivo di una piccola saletta laterale, che appare interamente immersa in un magico blu elettrico che si riflette in specchi dalle forme geometriche, a mettere in discussione la nostra percezione dello spazio ed il modo di abitarlo. In realtà i capitoli della mostra sulla statuaria a Torino sono: 1-gli anni dell’assemblaggio e del metallo, 2 -nuovi processi e funzione della scultura, 3 – il colore della scultura. Nanni Valentini vive in bella mostra nella seconda sezione accanto a Gianni Piacentini, Piero Gilardi, Giuseppe Penone, Giovanni Anselmo, Eliseo Mattiacci, Gilberto Zorio, il nostro Nanni Valentini, Eliseo Mattiacci e Giuseppe Spagnulo. 

La “lunetta” di Nanni Valentini in mostra alla GAM di Torino: monumentale su una grande parete bianca

In mostra su una grande parete bianca vive la monumentale opera di Nanni Valentini che ha titolo “La Lunetta” datata 1982. Il rapporto arte/natura -tema oggi attualissimo-, è venuto a coinvolgere anche la questione del tempo, da significarsi come processo di un farsi nella configurazione dell’opera, ma anche nella prospettiva di altri, come sentimento da conferire alla propria opera.  Il tempo fa parte -e non da poco- dei lavori di Nanni Valentini, tramite l’uso anche di un materiale intriso di storia come la terracotta, la evoca la “lunetta” del 1982, la ricomposizione traslata di un rudere architettonico trasferito su parete. D’altronde nel titolo della mostra sono posti in luce due concetti non banali: il primo è l’uso del termine “statuaria” – la statua, quindi, come opera oggetto tridimensionale, dotato di una propria articolazione e presenza fisica nello spazio – e non letteralmente di scultura. Il secondo concetto ha invece a che fare con l’idea del viaggio, o meglio “viaggio al termine”, a indicare l’intenzione di indagare i confini della scultura, fino a scorgere ciò che si trova di là da quelli;  un oltrepassamento dei limiti, una trasformazione del concetto stesso di scultura intesa come lavoro plastico e tradizionale, per inoltrarsi in un luogo di sperimentazioni spesso ardite, che vanno dal colore a gesti rispetto all’atto dello scolpire in se stesso, si tramuta in altro da sé e farsi gesto diverso, come forgiare, assemblare, architettare.

La “lunetta” di Nanni Valentini in mostra alla GAM di Torino: scultura e scultori

In altre parole, si può dire che la scultura, o meglio gli scultori, nel corso dei decenni hanno cambiato il modo di concepire il proprio operare e si sono messi sempre più a lavorare con lo spazio, lo movimentano -come L. Fontana e N. Valentini- lo ritmano, lo scandiscono, e infine lo colorano, danno vita ad esperienze sinestetiche e concettuali anche elaborate ed estreme; esplorano territori nuovi, lavorano ancora con marmi e terrecotte, ma anche con specchi, metalli, luci e sostanze chimiche, fino a plasmare l’ambiente stesso che li circonda. E’ stato così anche per Giovan Battista “Nanni” Valentini, pittore, disegnatore, ceramista, scultore, e insegnante d’arte. Il suo nome non è universalmente noto come quello di L. Fontana o Cattelan, ma ciò non diminuisce l’importanza fondamentale del suo contributo alla scultura e alla ceramica del secondo Novecento. Già nei primi anni Cinquanta ebbe a partecipare a mostre e concorsi, primo fra tutti il Concorso Internazionale per la Ceramica d’Arte di Faenza. A Milano è venuto in contatto con artisti e personaggi di rilievo della scena artistica degli anni Sessanta: conobbe Giò e Arnaldo Pomodoro e si legò a Lucio Fontana, che lo prese sotto la propria ala, lo portò ad esporre in importanti mostre (alla “XX Ceramic International” al Syracuse Museum di New York, dove vinse il primo premio) e i due lavorano insieme alla Tomba Melandri, nel Cimitero di Faenza. A questo momento di fervore artistico  è seguito  il decennio degli anni Sessanta, di difficile crisi creativa, Valentini distrusse le proprie tele e tentò di risolvere i problemi che dalla pittura avevano investito anche la scultura. La dicotomia tra queste due arti, tra il visibile (l’apparenza, la pittura) e il tattile (la certezza, la scultura, la terracotta, la ceramica) è stato uno dei motivi centrali della sua crisi. Il blocco creativo si protrasse fino ai primi anni Settanta, quando Valentini realizzò quello che definì, “il mio primo lavoro”; si trattava di Impronte (1972-73), un’opera in ceramica dove foglie, rami ed elementi vegetali erano stati pressati sulla materia; con questo vero e proprio calco Nanni Valentini dichiarava la propria intenzione di ripartire dal dato naturale originario e la propria preferenza per la terracotta, materiale che non abbandonò mai.

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Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.