Martedì 19 settembre, anche in Brianza, è stata la giornata che ha visto l’esecuzione del primo test collettivo di It-Alert, il sistema pubblico di allarme, collegato direttamente ai telefoni cellulari, nato per avvisare i cittadini di eventuali situazioni emergenziali. D’altronde dopo la crisi economica, la pandemia, la guerra in Ucraina e i disastri metereologici gli italiani, a vivere in una condizione di perenne emergenza, si stanno abituando. Anzi, verrebbe da dire che vi si stiano proprio affezionando.
Una sorta di sindrome di Stoccolma che lega, in una relazione perversa, il “sequestrato” (la popolazione) ai suoi “sequestratori” (da un lato il sistema pubblico, detentore del monopolio della violenza – e se non è violento un suono sgradevole che appare all’improvviso sul telefono, che cosa lo è? – , dall’altro il sistema mediatico-politico, che si nutre di sensazionalismo) e che induce il primo a invocare, da parte dei secondi, una postura sempre più allarmistico-securitaria. La società occidentale, cullatasi per decenni con l’illusione di una fine economicista della storia e di una programmabilità totale dell’esistenza, è stata evidentemente sconvolta dal contatto con l’imponderabile. E ne ha il terrore.
Per esorcizzarlo, anziché rassegnarsi a riconoscerlo come possibilità, pare aver scelto la strada peggiore: vivere nell’angoscia. Cui prodest?