L’editoriale del direttore: il ritorno delle province, falciate dall’antipolitica. Con la connivenza dei poteri forti

Le province potrebbero tornare al voto di primo livello nella primavera del 2024. Tali, almeno, sono le previsioni degli osservatori. Cosa significa questo, per i brianzoli? Parecchio, probabilmente.
Cristiano Puglisi
Cristiano Puglisi

Le province potrebbero tornare al voto di primo livello nella primavera del 2024. Tali, almeno, sono le previsioni degli osservatori. Cosa significa questo, per i brianzoli? Parecchio, probabilmente. Nel 2009, la prima e ultima volta che il territorio brianteo scelse il proprio “parlamentino”, le aspettative, dopo anni di battaglie (condotte, nel corso della sua lunga storia, anche dal nostro giornale) per un’indipendenza da Milano, erano altissime. Ma la grande crisi finanziaria iniziata l’anno precedente e, soprattutto, il vento dell’antipolitica (eterno cavallo di Troia di istanze solo apparentemente popolari ma, in realtà, spesso anti-democratiche), che mise nel mirino proprio le province, con la corresponsabilità (gravissima) dei poteri forti del Paese e dei loro media di riferimento, azzopparono ogni speranza sul nascere.

Ridare, oggi, la parola agli elettori significa, al netto di ogni considerazione sulle risorse, restituire a quello che per definizione è l’ente del territorio quell’autorevolezza necessaria a dialogare con le istituzioni superiori e non solo, senza costringerlo a subirne le decisioni. Casi esemplari, in tal senso, sono quelli (recenti) di Pedemontana e dell’incremento delle tariffe per l’ingresso in Tangenziale Est ad Agrate. Di una provincia della Brianza, insomma, c’è bisogno. Di un peso politico ancora di più. Fate presto.