Il Premio Lissone 2023 vive una visione internazionale: Marion Baruch e i contenitori di vita

Al Mac fino a settembre la mostra dell'edizione 2023 sotto la direzione di Francesca Guerisoli: artisti, curatori, giuria e vincitori.
Lorand Hegyi, in giuria, valuta l’opera di Marion Baruch durante i lavori della commissione del Premio Lissone 2023
Lorand Hegyi, in giuria, valuta l’opera di Marion Baruch durante i lavori della commissione del Premio Lissone 2023

Con la nuova edizione del Premio Lissone 2023, le cui opere e gli artisti selezionati sono in mostra al Mac fino al 17 settembre 2023, si avverte subito il salto di qualità artistica dell’evento in corso. Come dire che finalmente il Premio Lissone viaggia su un’internazionalità che mai si era vista e notata in provincia.

Il Premio Lissone, che con le sue acquisizioni ha dato vita alla collezione del Mac, che sta per museo d’arte contemporanea di Lissone, è uno dei musei  di arte contemporanea tra i più antichi d’Italia,  avviato fin dagli anni ’40,  e quest’anno ha stupito non pochi,  compreso  gli esperti del settore,  in quanto è stato  riproposto in una veste diversissima,  con  una nuova struttura, voluta  dalla direttrice Francesca Guerisoli, che  ha previsto la partecipazione di quattro curatori e dare un’idea più allargata del fare arte oggi.

L'ingresso del Mac a Lissone
L’ingresso del Mac a Lissone

Il 19 giugno del 1948 su “il Cittadino della domenica” si leggeva a proposito dell’allora Premio Lissone: “Allo scopo di incrementare l’arte e di dare modo al pubblico della nostra borgata e comuni vicini, di conoscere i nuovi pittori e quelli che sempre più si affermano in questo campo, la Famiglia Artistica di Lissone, ha nuovamente organizzato nella sede di via Loreto, una mostra di pittura estesa a tutti gli artisti della Lombardia.”

Il Premio Lissone 2023 al Mac: curatori e artisti

La mostra del Premio Lissone 2023 al Mac è suddivisa in due capitoli, il primo è costituito dalla sezione Gran Premio, con le mostre “Pittura come pratica progettuale” curata da Gabi Scardi e “Cose che accadono” a cura di Noah Stolz. Il secondo capitolo dalla sezione Nuove Visioni, si presenta con le mostre “Vedute, visioni, voragini” e “Sonata #023”, curate rispettivamente da Saverio Verini e Lucrezia Longobardi.

Gabi Scardi ha messo in piedi una mostra che apre una finestra sulla contemporaneità, mirando a far luce su temi eminentemente ambientali; ecco che le opere di Linda Carrara e Isabella Pers parlano di paesaggio; quelle di Tiziana Pers e Sonia Arienta sul soggetto animale mentre Simona Da Pozzo utilizza il paesaggio urbano.  Le scelte pittoriche presentate da Noah Stolz, ci mostrano un laboratorio ambigua e dissonante in bilico tra la quotidianità e la spazialità infinita. La narrazione esemplata dalle opere di Marion Baruch, Simone Berti, Eva Marisaldi, Andrea Sala, Alessandra Spranzi è caratterizzata da una spazialità e una temporalità indefinita.

Saverio Verini lascia vivere con la mostra da lui curata l’ambiente e il paesaggio come tema centrale; motivo, “pretesto pittorico” per leggere svariate declinazioni; Ludovica Anversa, Andrea Barzaghi, Alice Faloretti, Pietro Librizzi e Giulio Saverio Rossi raccontano in tal senso una poetica visiva e temporale, dove tempo e spazio incorniciano nuove accensioni della pittura d’oggi.  Nella curatela di Lucrezia Longobardi esplode la pittura astratta, con Andreas Zampella, Marco Eusepi, Martina Biolo, Lucas Memmola e Nazzarena Poli Maramotti che ci parlano sia di identità ed anche di intimità.

Il Premio Lissone 2023 al Mac: giuria e vincitori

L'allestimento del Premio Lissone 2023 al Mac
L’allestimento del Premio Lissone 2023 al Mac

C’è da dire che con il Premio Lissone 2023 si abbandonano sterili installazioni e si ridà cornice alla pittura che mostra apprezzabili tematiche esistenziali. La giuria, composta da Lóránd Hegyi (storico e critico d’arte ungherese), Giovanna Forlanelli Rovati (presidente della Fondazione Luigi Rovati di Milano) e Francesca Guerisoli (direttrice artistica del Mac di Lissone) hanno proclamato vincitori l’artista Marion Baruch, per la sezione Gran Premio, e Marco Eusepi per la categoria nuove visioni

Le opere vincitrici sono state acquisite dal Mac ed entreranno a far parte della collezione permanente del museo, composta da oltre 450 opere d’arte moderna e contemporanea. Preziosa e innovativa, fortemente ancorata al presente, la scelta operata in favore di Marion Baruch l’artista rumena (Timisoara, 1929) cui va il Gran Premio, dotato di 10.000 euro. Per la categoria Nuove Visioni, a vincere il premio è stato Marco Eusepi (Anzio, 1991), dotato di 5.000 euro. Finalmente importanti premi italiani vedono trionfare artisti stranieri.

L’artista rumena Marion Baruch ha convinto la giuria con l’opera “Bridging the gap”, 2019, tessuto di cotone, in formato cm 120×104; “Un’opera apparentemente fragile che, dando nuova vita a un tessuto di scarto, nelle sue forme ci obbliga ad immaginare ciò che non è più presente, ma che la nostra sensibilità riattiva attraverso la memoria”, come recita la motivazione della Giuria. Per la categoria Nuove Visioni, a vincere il premio è stato Marco Eusepi, con l’opera “Untitled (Flowering”, 2023, olio su tavola, cm 50×60. “Un lavoro meditativo e poetico che in maniera astratta esprime il pensiero dell’artista sulla natura”, nelle motivazioni della Giuria.

Il Premio Lissone 2023 al Mac: chi è Marion Baruch

Lorand Hegyi, in giuria, valuta l’opera di Marion Baruch durante i lavori della commissione del Premio Lissone 2023
Lorand Hegyi, in giuria, valuta l’opera di Marion Baruch durante i lavori della commissione del Premio Lissone 2023

Marion Baruch (Timisoara, 1929) è arrivata in Italia a Gallarate, nei primi anni ’60, veniva dalla Romania poco più che trentenne, per abitare nella sua villa razionalista, all’inizio canzonata dalla ricca borghesia industriale della zona; tutta ferro, vetro e cemento, progettata dall’allora giovanissimo Arch. Carlo Moretti per Marion e il marito Aldo Cuccirelli, noto imprenditore del tessile della città.

Personalità eclettica, poliglotta, che parla ungherese a casa, tedesco con la tata, rumeno e francese a scuola e italiano per ultima adozione. Una vita coraggiosa, quella di Marion, iniziata proprio con quelle leggi sempre più antiebraiche che dal 1938, sotto il governo di estrema destra di Goga-Cuzae, il successivo governo fascista di Antonescu, la costrinsero a diverse “fughe”. La prima in campagna, dove con la madre fu accolta in una comunità rumena, e la seconda da Bucarest, costretta ad abbandonare l’Accademia di Belle Arti a causa della forte pressione ricevuta dai gruppi comunisti, verso Israele dove a 24 anni inizia la sua carriera artistica con la prima mostra personale presso il Micra Studio di Tel Aviv grazie alla quale riceve e una borsa di studio per Roma, dove si trasferisce nel 1954. Dal 1994 al 2011 vive a Parigi per tornare infine definitivamente in Italia, dove attualmente vive.

Quello che ha fatto subito notare l’artista sono stati i materiali, e perciò ho subito pensato a una figura italiana che più le somiglia ed è stata la Maria Lai (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013). I materiali di Marion Baruch mai creati da lei ma presi, rubati, prelevati dal quotidiano, uno scarto. Tra gli anni ‘60 e gli inizi dei ‘70, l’artista diviene nota sulla scena contemporanea a partire dalle prime forme geometriche cucite e poi indossate tra le vie modaiole di Milano; anticipava riflessione sul movimento, sul corpo, sull’identità e sulla questione femminile. Il decennio successivo dedicato a una riscrittura della storia dell’arte, una riflessione sulla sua natura e anche sulla relazione tra uomo e tecnologia. 

L'allestimento del Premio Lissone 2023 al Mac
L’allestimento del Premio Lissone 2023 al Mac

Il filo conduttore rimane il materiale tessile e negli anni 2000 si reinventa nuovamente. Comincia qui la raccolta di scarti di tessuto che la portano a un’ampia riflessione sul consumo e sul tema ambientale rispetto all’industria tessile. Colleziona tessuti, li lavora, stende, appende e assembla senza mai modificarli, disegna nuove forme che danno significato all’assenza. Anche lei come Maria Lai è amanuense del cucito, la sua tecnica artistica, ruota intorno all’uso di materie tessili che rimandano al passato della sua terra e alle antiche tradizioni. E proprio perchè la sua arte è collegata a elementi quali tradizione, scarto, tessitura, è oggi divenuta un paesaggio di “contenitori di vita”.

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Carlo Franza

Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.