La sentenza del DOJ, secondo cui gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili non sono soggetti alla restrizione costituzionale del 40% di proprietà straniera, è stata un’enorme spinta per l’obiettivo dell’amministrazione Marcos di aumentare l’uso delle energie rinnovabili nelle Filippine.
Il 29 settembre il DOJ ha emesso un parere in cui si afferma che l’articolo XII, sezione 2 della Costituzione del 1987, che riguarda la ricerca, lo sfruttamento e l’utilizzo delle risorse naturali, “copre solo gli elementi che sono soggetti a un’acquisizione, escludendo quindi il sole, il vento e l’oceano”.
Il sole, il vento, l’acqua e le maree sono tutti esempi di energia cinetica o energia in movimento. L’energia potenziale, invece, descrive l’energia immagazzinata ma non utilizzata.
Il DOJ ha sostenuto che la limitazione costituzionale della proprietà straniera è stata attuata per proteggere le preziose risorse filippine.
Le fonti di energia rinnovabile inesauribili sono esplicitamente escluse dalla motivazione stringente alla base della limitazione costituzionale della proprietà straniera.
Prima di prendere in considerazione ulteriori investimenti stranieri nel settore delle energie rinnovabili, il DOJ ha affermato che il Dipartimento dell’Energia deve modificare i regolamenti emanati in attuazione della legge sulle energie rinnovabili del 2008 (Republic Act No. 9513).
Secondo la legislazione vigente, gli sviluppatori stranieri possono partecipare alla produzione di energia rinnovabile attraverso un contratto di servizio o operativo con il governo. Tuttavia, possono detenere una quota societaria massima del 40%.
L’obiettivo del governo è di espandere la percentuale di rinnovabili nel mix idroelettrico al 35% entro il 2030 e al 50% entro il 2040.
Secondo il DOE, entro il 2021, la percentuale di energia rinnovabile nell’intero mix di generazione elettrica sarà aumentata al 22%. Al contrario, le centrali elettriche a carbone rappresentano il 58% di tutta l’elettricità.