I numeri dell’ultima rilevazione Istat sulla popolazione non lasciano scampo: l’Italia, nel 2022, ha perso per strada altri 32mila residenti, scendendo sotto la soglia dei 59 milioni e con un nuovo record negativo in termini di nascite. La denatalità, insomma, è ormai un fiume che ha rotto gli argini. In passato questo fenomeno è stato spiegato additando varie cause, spesso culturali. E, per carità, sono spiegazioni sicuramente valide. Tuttavia, se esiste un fattore che può spingere un uomo e una donna a mettere al mondo un figlio, questo è principalmente la speranza nel futuro.
Ritenere che questa possa sopravvivere in un Paese in cui, per l’ingordigia di qualcuno (la scusa del cuneo fiscale vale fino a un certo punto, suvvia) i salari sono cresciuti solo dell’1% dal 1991, a fronte di un incremento medio del 32% nel resto dell’area Ocse, non è utopico, è ridicolo.
Se gli stipendi restano così bassi, infatti, la povertà è destinata ad aumentare. Se la povertà aumenta il domani, da promessa, diventa minaccia e i bambini non nascono. Se le culle restano vuote tutto si ferma: economia in primis. Il circolo vizioso, in questo modo, si chiude. Non sono necessarie analisi erudite, è davvero così semplice: per avere più figli servono, in primo luogo, paghe più alte. Lo capirebbe chiunque. Tranne, a quanto pare, la nostra classe dirigente…