L’editoriale del direttore: con Sebastian muoiono i diritti. E la democrazia?

Una riflessione sulla società della "gig economy" dopo la tragica morte del rider 26enne.
Cristiano Puglisi
Cristiano Puglisi

“Gentile Sebastian, siamo spiacenti di doverti informare che il tuo account è stato disattivato per il mancato rispetto dei termini e delle condizioni”. Con queste poche parole, inviate via mail, una nota multinazionale della cosiddetta “gig economy” (“economia dei lavoretti”) ha notificato il licenziamento immediato a uno dei suoi rider, colpevole di aver mancato una consegna il giorno precedente. Una consegna mancata perché Sebastian Galassi, 26 anni, era nel frattempo morto, travolto con la sua bicicletta da un’automobile a Firenze mentre svolgeva il suo (ingrato) lavoro.

Così, con l’élite intellettuale di casa nostra intenta a vergare pensosi editoriali sul ”fascismo eterno” o sulla necessità di inviare ulteriori e sempre più letali armamenti all’Ucraina in guerra (ma per “difendere la pace”, ci dicono), notizie drammatiche come questa ci riportano per un istante alla situazione reale di un Paese in cui i diritti (quelli veri, quelli sociali, non i capricci di qualche nicchia influente e capace di arruolare portavoce sui red carpet di mezzo pianeta) fanno notevoli passi indietro.

Viene spontaneo chiedersi dove siano finiti, allora, quei valori che i nostri governanti, in nome della democrazia, ci invitano quasi quotidianamente a difendere da minacce esterne, reali e presunte. Sempre che esistano ancora. A chi scrive, francamente, piacerebbe tanto crederlo.