Da domenica a giovedì, 300 persone sono passate dal pronto soccorso con la “bella influenza”. Sì, avete letto bene: trecento. E se pensate che l’influenza sia solo un po’ di febbre e qualche starnuto, immaginate i corridoi dell’ospedale di Vimercate trasformati in una sorta di “discoteca” virale, dove il Dj è lui stesso in pista a battere il ritmo con colpi di tosse.
I medici? Precettati dal primario in giù come fossero soldati in una missione impossibile. Costretti a lasciare a casa le ferie, mentre l’infermiere di turno, con il camice grondante di disinfettante, sogna segretamente un esilio in un atollo deserto. Persino la macchina del caffè sembra urlare “non ce la faccio più….”.
Non si tratta di un’epidemia da film catastrofico, ma del nostro quotidiano. Il virus stagionale, quel piccolo fastidioso dittatore, ha deciso di fare festa proprio nei giorni in cui la pazienza del personale sanitario era già al limite. Ogni accesso è una storia, un tampone, una risonanza di respiro affannoso, e dietro ogni corridoio c’è un medico che cerca di mantenere la calma mentre i termometri segnano numeri da record.
Il punto? La prossima volta che vi trovate con il naso rosso e gli occhi lucidi, ricordate che qualcuno ha rinunciato a una settimana di relax per proteggervi. Tra starnuti, febbre alta e bollettini medici, il pronto soccorso diventa un teatro di guerra… ma senza applausi.
E allora sì, ridiamoci sopra, ma non dimentichiamo: trecento accessi in quattro giorni non sono solo numeri, si tratta di persone. Uomini e donne che hanno scelto di affidarsi a chi, spesso, paga il prezzo più alto di un virus che, invece, non conosce ferie…